Non sono soltanto i mercati a soffrire di volatilità, recentemente lamentata dalla Banca centrale europea per spiegare il suo rifiuto di cambiare i tassi dinteresse. Ancor più dei mercati soffre di volatilità la politica, che almeno in Italia tende sempre di più a evaporare.
Ciò vale per la presunta maggioranza di governo, che vive e ancora di più vivrà alla giornata dopo lormai imminente nascita del Partito democratico. Del quale non si riesce ancora non dico a conoscere, ma nemmeno a immaginare uno straccio di programma, per quanto loquace sia stato Walter Veltroni nella sua campagna per la sicura elezione a segretario. Ma purtroppo ciò vale anche per lopposizione, a dispetto dellinteresse che tutte le sue componenti dovrebbero avvertire a tenere la barra dritta per trarre vantaggio dalla volatilità dello schieramento opposto, accelerando la caduta del governo e non fornendogli di tanto in tanto strani soccorsi. Tale mi è apparso, per esempio, quello che Lega, Udc e Alleanza nazionale hanno prestato alla maggioranza approvando nella competente commissione della Camera gli articoli di un progetto di riforma costituzionale che potrebbe arrivare in aula già il 22 ottobre. Solo Forza Italia si è sottratta alla partita, votando anche contro la polpetta avvelenata della riduzione del numero dei parlamentari: avvelenata perché essa è tanto popolare quanto irrealistica dopo la bocciatura referendaria, promossa e ottenuta dagli attuali partiti di governo, della vera e concreta riduzione apportata dal centrodestra con la sua riforma nella scorsa legislatura.
Persino Europa, il giornale ufficiale della dissolta Margherita, ha definito il progetto della commissione presieduta da Luciano Violante, vista la improbabilità di unapprovazione definitiva, niente di più che «propaganda» e «operazione dimmagine», osservando giustamente che «già sarebbe altra cosa se il centrosinistra provvedesse al taglio di ministri e sottosegretari», attuabile senza bisogno di alcuna legge. Ma, «asserragliato nel suo bunker», come gli ha contestato Giovanni Sartori sul Corriere della Sera, il presidente del Consiglio è paralizzato dalla paura della crisi.
Non mi ha sorpreso il contributo dato dalla solita, scalpitante Udc allazione di «propaganda» di Violante e della maggioranza. Né mi ha sorpreso il contributo di An, che è tornata peraltro a scambiare Antonio Di Pietro per uno statista progettando iniziative comuni.
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