Filippo Grassia
Si ha limpressione che il futuro bando sulle scommesse sportive oltre a regolamentare il settore e incrementare considerevolmente la rete abbia lambizione di spalancare le porte allEuropa. E, se possibile, di essere più realista del re. Un atto dovuto fino a un certo punto ricordando che la Corte di Cassazione a sezioni riunite aveva difeso, un anno fa, lattuale sistema concessorio e la piena compatibilità della normativa penale italiana con i principi comunitari. A questo riguardo vale la pena di sottolineare quel passo della sentenza che dice: «La giurisprudenza comunitaria, così come la Commissione di Bruxelles, non hanno mai delegittimato per se stesso il sistema concessorio vigente nei singoli stati membri in materia di scommesse e di concorsi pronostici». Un indirizzo preciso. Ma i Monopoli, anche per reggere limminente e improcrastinabile urto del mercato sopranazionale, vogliono andare ben oltre questa sentenza abbattendo tutti i paletti di natura territoriale. Nulla da eccepire a patto che lofferta risponda alla domanda senza anticiparla in modo confuso e retorico come è accaduto in un recente passato. Come dimenticare i pessimi risultati di quella pessima strategia?
Liberalizziamo quindi il mercato purché i bookmaker, italiani e non italiani, abbiano unorganizzazione telematica allaltezza della situazione, siano preventivamente autorizzati alla vendita, rispondano a tutti i parametri dellAams e paghino regolarmente le tasse nel nostro Paese. A questo punto, e solo a questo punto, vedremo quante società straniere saranno in grado di mettere radici in Italia. In caso contrario ci troveremo di fronte a una specie di condono che verrebbe a premiare quanti hanno operato nel nostro Paese al di fuori delle regole facendo concorrenza sleale ai concessionari di Stato (quote più appetibili) e allo stato stesso (tasse evase). Fate pagare loro le normali imposizioni erariali e vedrete che le quote dei bookmaker stranieri non saranno dissimili da quelle proposte dai concessionari italiani che o stanno dentro le leggi o vengono giustamente staccati dalla rete.
Limplementazione della rete, che prevede 4500 punti di vendita, non può prescindere dalla tutela degli attuali concessionari. Il ragionamento è quasi banale nella sua semplicità. I nuovi concessionari, specie quelli in arrivo dallestero, vorranno piantare le tende nelle città metropolitane - vedi Roma, Milano, Firenze, Bologna, Napoli, Torino, Bari, Palermo per ragioni di business e di immagine. Impensabile prevedere che faranno a pugni per aprire un negozio in uno degli 8700 comuni scoperti, specie in quelli meno abitati o dal basso reddito «pro capite». Comportamento giustificabile, sia chiaro. Ma si finirebbe per duplicare i punti di raccolta nelle zone già provviste di agenzie e alterare lequilibrio del mercato. Addio fatturato. È solo attraverso il rinnovo delle concessioni che lAams può ipotizzare, e magari prevedere nel regolamento, la copertura più completa possibile.
La questione non può andare avanti allinfinito lasciando nellincertezza decine di migliaia di lavoratori, travolti da spifferi, sussurri e sospetti di varia natura.
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