nostro inviato
a Bruxelles
Chissà se davvero Jan Peter Balkenende, premier olandese, oggi solleverà la questione come ha promesso da giorni. Anche se non lo facesse, il problema è comunque ormai sul tavolo. Lo annunciano la stragrande maggioranza degli europarlamentari e 550mila firme raccolte in Scandinavia e nei Paesi Bassi da parte delleurodeputata Cecilia Malstrom: basta con Strasburgo.
Il presidente dellEuroparlamento, il socialista spagnolo Josep Borrell, ha resistito a lungo alle pressioni che da mesi ormai lo perseguitano affinché si taglino i ponti sul Reno dietro le spalle. Tante le critiche alla doppia sede, tantissimi i malumori, accresciuti dopo lallargamento a 25 che spesso costringe non solo gli assistenti e i funzionari, ma gli stessi deputati a dormire a 50, 60 chilometri dalla capitale alsaziana, vista la carenza di alberghi in una città già di per sé turistica. Poi, la scorsa settimana - dopo una nuova salva di crescente malumore, cui ha dato sponda la numero due della commissione Margot Wallestroem che punta un indice contro «i problemi derivanti dalla doppia sede» - ha gettato la spugna. Comunicando al presidente di turno della Ue, laustriaco Schüssel, che in Parlamento Europeo è ormai corposa maggioranza quella di chi chiede di chiudere i battenti e trasferire una volta per tutte le 12 sessioni settimanali daula in quel di Bruxelles, dove risiedono per le altre 3 settimane al mese gli europarlamentari. E che lui era intenzionato a portare la questione allattenzione del Consiglio europeo che si è aperto ieri. Schüssel ha risposto consigliando prudenza: «Non disponiamo al momento dellunanimità necessaria per un cambiamento di sede del Parlamento della Ue, specie in momenti delicati come lattuale», gli ha fatto notare.
Ma a questo punto è stato il primo ministro olandese a far sapere che ci avrebbe pensato lui: che le cose non possono andare avanti in questo modo, visto che le sessioni daula da tenere in Alsazia vengono a costare ormai oltre 200 milioni di euro lanno, senza contare che crescono le pretese (tasse e contributi) da parte del sindaco della città Fabienne Keller.
Il dado - comunque agisca Balkenende oggi - è comunque tratto. Tra i 25 solo la Francia difende il frutto di un accordo trovato a suo tempo.
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