«Stuprò mia figlia, ora è libero per colpa di giudici lumaca»

FerraraIn venti mesi, il tribunale di Bologna non ha ancora trovato il modo di depositare le motivazioni di una sentenza di pedofilia. Ragion per cui, la famiglia della vittima, una bambina di 12 anni, non ha ancora ottenuto giustizia. La lentezza pachidermica dei nostri giudici finisce con il proteggere il maniaco, condannato a 6 anni e 8 mesi: la pena non si può applicare, occorre che il giudizio sia definitivo, nei tre gradi. Per arrivare al secondo, il processo d'appello, è indispensabile che i giudici depositino le motivazioni, se ciò non accede in tempo il rischio è che il reato venga prescritto.
Nel 2004 il sottufficiale dell'aeronautica A.B., all'epoca 40enne, viveva a Maccaretolo, nel Bolognese, assieme alla convivente e alla figlia di lei. Ma qualcosa non andava: l’uomo iniziò a mostrare attenzioni morbose sulla dodicenne, quasi che la piccola avesse bisogno di una iniziazione al sesso. «Vieni qui che ti insegno io, così quando sarai più grande saprai come fare»: queste parole, gli atti del processo, sintetizzano lo squallore. La bimba subì atti sessuali non completi, nel 2006 confessò quelle terribili esperienze a un amico, alla nonna e una zia. Il padre vero presentò denuncia alla questura di Ferrara, le indagini portarono a riscontri inconfutabili: arrivò la condanna del patrigno per tentata violenza sessuale e detenzione di materiale pedopornografico, trovato nella casa di Maccaretolo, come indicato dalla vittima. La sentenza fu pronunciata il 13 marzo 2009, il tempo limite per le motivazioni sarebbe quello di tre mesi. Salvo proroghe, come in questo caso.
«Non possiamo proseguire con il processo - racconta il padre della ragazzina, 46 anni, impiegato in una multinazionale e residente in provincia di Ferrara -, finchè non vengono depositate. Vorremmo lasciarci alle spalle questo incubo, mai avremmo immaginato di provare sulla nostra pelle l'immobilismo della giustizia».
Dallo scadere dei teorici 90 giorni, il padre della giovane ha tempestato di solleciti i suoi legali. «Trovo assurda tutta questa attesa. Mi sento impotente, questo amareggia ancora di più: sono esterrefatto, tantopiù che l'unico processo celebrato sinora era stato velocissimo».
La sentenza numero 54/09 fu emessa dalla 1ª sezione penale del tribunale di Bologna (collegio giudicante Rubicchi, Alifano e Passerone), il giudice relatore Alifano venne presto trasferito in Toscana. Ancora il pronunciamento non può essere appellato neppure dai difensori del condannato. Quei motivi sembrano interessare solo al padre della ragazza e ai suoi avvocati, Riccardo Ziosi e Paolo Gardini, che hanno sollecitato più volte il tribunale di Bologna, verbalmente e con esposti scritti, senza ottenere riscontri. «I cancellieri a cui vengono depositati gli atti - spiegano i legali - allargano le braccia, impotenti. Ora c'è il rischio di prescrizione e poi siamo impossibilitati ad attivare i riti civilistici». Ovvero la richiesta di risarcimento, in via provvisionale il tribunale aveva stabilito che l'ex ufficiale dell'aeronautica sborsasse 40mila euro: la casa di Maccaretolo gli è stata pignorata da una banca, risulta disoccupato e nullatenente.

La madre della bambina, 42 anni, ex titolare di un'impresa di pulizie, vive nel Ferrarese, si è separata da lui e al processo intervenne solo come testimone. «Questa giustizia finisce con il proteggere un pedofilo», accusa il padre della ragazza, ora maggiorenne, affidata a lui in via esclusiva.

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