Mahmoud Abbas è tornato a Ramallah con il suo regalo di Ramadan. Alla fine dellennesimo vertice di Gerusalemme Ehud Olmert ha capitolato promettendo, seppur senza entusiasmo, la liberazione di altri prigionieri. Non si sa quanti saranno, ma stando alle promesse israeliane usciranno di cella nella prima settimana del sacro mese di digiuno islamico, che parte venerdì.
Olmert, sulle prime, non ci pensa nemmeno. Messo allangolo dai responsabili della difesa e della sicurezza, convinti che i rilasci aumentino il rischio di attentati, il premier nega qualsiasi concessione. Ma il suo interlocutore non cede e minaccia la rottura della trattativa. Abbas gioca sul sicuro. Un suo ritiro pregiudicherebbe la conferenza sul Medio Oriente e manderebbe allaria tutti i piani negoziali americani. Olmert deve dunque capitolare e impegnarsi a rimettere in libertà una parte dei circa 11mila detenuti palestinesi. Sui posti di blocco in Cisgiordania non sente però ragione. La rimozione degli sbarramenti faciliterebbe la circolazione in Cisgiordania, regalando al suo interlocutore preziosi consensi sul fronte interno, ma Olmert non può concedere quel regalo. Cedendo rischia lo scontro con i suoi generali, convintissimi dellassoluta efficacia degli sbarramenti nella prevenzione degli attentati. Olmert concede insomma quanto basta per tenere in piedi il negoziato ed evitare unimpasse poco gradita a Washington.
Il premier israeliano deve del resto fare i conti con il suo partito e la sua opinione pubblica. Le indiscrezioni del precedente vertice, secondo cui le frontiere del nuovo Stato palestinese finirebbero con il seguire il confine del 67 - eccezion fatta per un blocco di colonie da scambiare con territori oggi israeliani -, ha sollevato una mezza rivolta dentro Kadima e apprensione nellopinione pubblica. Il premier deve dunque muoversi con i piedi di piombo evitando polveroni sul fronte interno e cercando, su quello esterno, di non far naufragare i negoziati.
Prigionieri di queste complesse alchimie, Olmert e Abbas decidono di dar vita a commissioni negoziali incaricate di discutere le questioni idriche, energetiche, economiche e ambientali. Nessuna di queste commissioni, precisano i portavoce israeliani, affronterà i temi cruciali del negoziato, come la definizione dei confini, il destino dei profughi, lo status di Gerusalemme e dei luoghi santi. Per evitare problemi, Olmert fa dunque un passo indietro e torna a limitare il negoziato alla sola definizione dei «principi» del futuro Stato palestinese.
Mahmoud Abbas ripete, invece, di non sapere che farsene dei principi e di non voler arrivare alla conferenza di novembre senza un piano chiaro e condiviso.
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