da Milano
Con il 4,23% sono diventati il secondo azionista di Unicredit, la più grande banca italiana. Prima di loro cè solo la fondazione Cariverona, con il 5%. E ora gli investitori libici, che hanno sborsato oltre un miliardo, preso limpegno di metterne altri 500 nel bond convertibile di prossima emissione e definitisi «azionisti di lungo periodo», potrebbero voler entrare nella stanza dei bottoni, occupando quellunica poltrona ancora libera (per statuto il cda della banca può contare massimo 24 membri) accanto a Dieter Rampl (presidente), Alessandro Profumo (ad) e agli altri 21 consiglieri.
A questo riguardo ieri lad ha preferito rimanere sul vago; a una domanda, a margine di un convegno, Profumo ha risposto: «Non ne ho idea, di queste cose ne devono discutere il consiglio (si riunirà il 21, ndr) e gli azionisti. In ogni caso, ricordo che abbiamo un limite al diritto di voto al 5%, quindi chiunque può comprare quello che vuole sul mercato e poi si applica il limite, come già avviene nel caso della Fondazione Cariverona». Come a sottolineare che, qualunque peso possano avere gli investitori libici, poi i giochi si fanno in accordo con tutti gli altri soci di rilievo. Va ricordato che nel 2002 la Lybian Arab foreign investment company, insieme a un nuovo investimento del 2% in Fiat (era uscita nel 1986) è entrata con una partecipazione del 7,5% anche nel capitale della Juventus e ha cercato di ottenere, senza successo, un posto in consiglio per El Saadi Gheddafi, uno dei figli di Muammar Gheddafi. Linvestimento dei libici (che erano già nel capitale con uno 0,5% «ereditato» dalla partecipazione in Capitalia) offre in ogni caso un buon apporto alla solidità di Unicredit, che il 5 ottobre, nel mezzo della tempesta finanziaria, aveva varato un piano di rafforzamento patrimoniale per 6,6 miliardi. «È la conferma assoluta dellinteresse che loro hanno nella nostra azienda, che considerano molto buona, come del resto la considero io», ha detto ieri Profumo.
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