Luca Telese
da Roma
Nel pomeriggio di ieri subito dopo le dichiarazioni di Fausto Bertinotti che ipotizzavano il «dimagrimento» di Mediaset, ha rilasciato una dichiarazione durissima, in cui condanna la presa di posizione del segretario di Rifondazione. Marco Rizzo, eurodeputato del Pdci e di fatto numero due di un partito che guida, insieme ad Oliviero Diliberto, non ha dubbi: «Berlusconi va combattuto, anche durissimamente, ma lidea di portare avanti questa battaglia sulla sua azienda è sbagliata e anche suicida».
Onorevole Rizzo, in bocca a un comunista come lei, queste parole possono avere stupito qualcuno, non teme le reazioni dei suoi militanti?
«E perché?».
Potrebbero essere molto più attratti dalla linea di Bertinotti.
«Guardi, assolutamente no. E vorrei essere molto chiaro su questo: io sono duro con Berlusconi, durissimo, ma sono convinto che la battaglia contro di lui debba essere politica e non certo economica. Credo che sia profondamente sbagliato, politicamente inutile e praticamente irraggiungibile lidea di combattere il Berlusconi leader attaccando il Berlusconi imprenditore».
Eppure anche voi, in passato, avete attaccato il monopolio del Cavaliere.
«No, cè una differenza sostanziale. Io pongo il problema del conflitto di interessi e chiedere una legge su questo tema è giusto, ma vuol dire anche affrontare la questione in Parlamento nel modo migliore».
Invece Bertinotti che cosa fa?
«Si illude di risolvere un problema grande, complesso con una scorciatoia, quella di colpire limpresa Mediaset».
E a lei perché questa strada non piace?
«In primo luogo per un motivo banale, ma validissimo: non ha davvero senso colpire i lavoratori per disarmare il loro padrone. Credo tra laltro che Berlusconi si difenderebbe in modo molto efficace in questo caso».
Le potrebbero dire che è lunico modo?
«Ma scusi, tutti sappiamo che spesso la Fiat ha ottenuto posizioni di monopolio, benefici governativi... ma che cosa risponderemmo se qualcuno proponesse, per penalizzarla, di chiudere uno stabilimento, che ne so, quello di Melfi? Gli risponderemmo che è un matto, perché, per ottenere un consenso velleitario, metterebbe in gioco i posti di lavoro di chi non centra nulla. Lo stesso vale, secondo me, per Mediaset».
Allora bisogna capire perché Bertinotti lo fa. È una strategia?
«No, non credo che questa uscita sia frutto di nessun calcolo politico. È un gesto un po scomposto, senza senso: se dovessi essere sincero, direi che ha deragliato».
Però è molto efficace.
«Guardi, fra il comunista Rizzo e il comunista Bertinotti, quello più cattivo è sempre il comunista Rizzo. Il problema è che se lobiettivo è quello di andare a Berlino e la scelta è se passare dal Gottardo o dal San Bernardo, Bertinotti non fa né la prima né la seconda cosa e investe i pedoni. Le pare una buona mossa?».
Ma lei ancora non mi ha spiegato perché lo ha fatto...
«Ecco, qui ho una mia teoria. La prima cosa è che mi sembra che sia inebriato dal successo politico indubbio che ha raggiunto strappando la Camera a Massimo DAlema. Prendo atto però, visto che ho buona memoria, che era sbagliato il titolo delleditoriale di Piero Sansonetti che diceva: Non è una questione di poltrone. Ho limpressione che sia stata una questione di poltrone e che Bertinotti voglia anche far dimenticare questa cosa qui».
A chi, allopinione pubblica?
«Be, in primo luogo alla sua base, che in questo momento è sconvolta. Ed è sconvolta anche da quel comunicato del partito, ovvero da Bertinotti stesso, sotto una firma più anonima, in cui si diceva una roba di questo tipo: O voi mi date la presidenza della Camera, o io darò soltanto un appoggio esterno».
Però anche voi del Pdci avete parlato di appoggio esterno, o sbaglio?
«Ecco, no. La nostra posizione è lesatto contrario. La mission di Bertinotti era la presidenza? La nostra è cambiare il Paese.
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