Sul farmaco Marrazzo vuole l’informazione di Stato

Antonino Torre

La linea di «burocratizzazione a ogni costo» che sta caratterizzando sempre più la Sanità del Lazio si appresta a fare un’altra vittima eccellente: l’attività di informazione farmaceutica, quella che aggiorna i medici sui nuovi ritrovati e sui prodotti che li utilizzano, sugli effetti benefici e sulle eventuali interazioni delle medicine fra loro e con lo stato di salute del paziente. A spiegarlo è Stefano De Lillo, di Forza Italia, vicepresidente della Commissione Sanità. «L’Assessorato alla Sanità ha elaborato una proposta tecnica di regolamentazione dell’informazione scientifica sul farmaco - dice -. Nei contenuti, sembra essere più un impedimento che un’agevolazione all’informazione sul farmaco e mette a rischio quel fattore determinante per l’efficacia delle terapie che è la libertà di cura del medico e di conseguenza la libertà di scelta del paziente. Il testo del regolamento infatti mette lacci e lacciuoli burocratici a una attività che per essere attuata al meglio deve al contrario adattarsi in modo elastico da una parte ai tempi della immissione sul mercato dei nuovi farmaci e dall’altra alle agende di lavoro e quindi alla disponibilità di tempo da parte dei singoli medici. Un esempio per tutti: il testo fissa un numero massimo di 5 visite annuali per ogni medico da parte dell’informatore. Che succede se un medico si trova ad aver esaurito il numero di visite che gli è consentito di ricevere proprio quando viene immesso sul mercato un nuovo farmaco? Ma soprattutto: quale sarebbe il vantaggio nell’imporre un limite al numero massimo di visite?». Ma le «stranezze» non finiscono qui: «Il testo fissa a 10 annui i campioni di nuovi prodotti che ogni medico può ricevere da ogni singola azienda. Anche qui, essendo questi gratuiti, dove sarebbe il vantaggio? Per non parlare poi della modulistica, cui le aziende sarebbero costrette ad attenersi, inutilmente complessa e farraginosa. Quello che si cerca di fare è imporre una vera e propria “informazione di Stato”, a cui diciamo no». Per De Lillo, esiste nel centrosinistra un pregiudizio di fondo verso il farmaco che è controproducente: «Nelle cronache dell’ultimo anno di gestione della Sanità - afferma De Lillo -, nel Lazio come nel Paese, la spesa farmaceutica è stata sempre utilizzata dal centrosinistra come capro espiatorio. Niente di più errato. Da noi la spesa farmaceutica è aumentata in maniera irrisoria: nel quinquennio 2000-2005, corrispondente al Governo Berlusconi e alla giunta Marrazzo, la spesa farmaceutica pubblica in Europa è aumentata di una media del 27,45%, in Italia soltanto dell’1,1%. In Paesi come la Germania arriva al 17,5% e in Francia al 15,9, in Italia la spesa farmaceutica pubblica si arresta al 12,5% di quella sanitaria. L’incidenza pro capite della spesa farmaceutica pubblica è stata di 318,2 euro in Francia, di 286,7 in Germania, di 246,1 euro in Gran Bretagna, mentre in Italia è stata solo del 202,8 euro a persona.

Venendo a quello che la sinistra regionale chiama Caso Lazio e sarebbe da imputare in primo luogo alle spese farmaceutiche, c’è da osservare che il Lazio è stata una delle Regioni che non sono arrivate allo sfondamento della spesa sanitaria pubblica rispetto alla media, restando ben al di sotto della “soglia di rischio”. Insomma, niente di più errato che affermare come fa il centrosinistra che il debito nella Sanità del Lazio sarebbe dovuto al peso acquisito dalla spesa farmaceutica durante l’amministrazione di centrodestra».

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