Sull’«Unità» Concita si scandalizza del fango dopo averci sguazzato

Roma«Fango» strilla l’Unità in prima pagina. Assicura che la penisola presto ne sarà ricoperta interamente, che tornano i tempi del vecchio Sifar e delle sue «spiate» e rincara con l’editoriale di Concita De Gregorio spiegando che «il delirio senile di onnipotenza» del premier ormai spinge il suo «manipolo di bodyguard» all’uso di ogni mezzo: «Una guerra lercia».
A prima vista un chiaro eccesso di difesa di vecchi e nuovi sodali come i direttori Boffo e Mauro. Pizzicati su delicate questioni private rischiano di non esser più spendibili come carismatici Catoni dell’era moderna. E allora meglio buttarla in vacca, fare di tutta l’erba un fascio. Esistono riscontri dei loro peccati? Spazzatura. Meglio: fango. «Si cerca di distruggere la reputazione del nemico» esterna Concita (che da anni giura e stragiura di non esser mai stata Concetta), dimenticando magari di quando - dipinto Paolo Guzzanti nelle vesti di neo onorevole «con occhiali rossi e gomma americana in bocca» e avendone da lui ricevuto smentita - dimenticò di dar conto della protesta. Ricevendone in cambio un duro giudizio da quello che, come lei, a Repubblica ebbe banco e insegnanti: «Scuola Goebbels riciclata nello sciattismo romano».
Che poi, se è vero che lezioni di giornalismo la De Gregorio ne ha tenute (vedi quelle promosse dall’Enel nel gennaio scorso, in cui teneva a far presente come «la verità assoluta non esiste» e come bisognerebbe perseguire «autorevolezza e serietà»... ), nei fatti poi ha un tantinello smentito quei nobili assunti. Intanto concedendo un’intervista in cui si beava per la nomina a direttore prima ancora che fosse formalizzata in redazione - in cui i mugugni salirono al cielo - e poi difendendo la maternità di Rachida Dati dai sospetti che di mezzo ci fosse un Aznar, ma non fornendo la stessa protezione a una Carfagna su cui piovevano intercettazioni, quelle sì da Sifar e ultra-fangose. Due pesi, due misure. Ma non è un caso isolato. Come giudicare del resto chi oggi protesta contro «l’incultura» inoculata nel paese, scordandosi di aver scelto come promozione della sua Unità una foto di Toscani che mostrava il lato B di una bella ragazza che nella tasca posteriore della sua mini-jeans infilava il giornale?
Dal lato B, anzi, la De Gregorio sembra particolarmente attratta. Non si spiegherebbe perché mai dedicare righe indimenticabili su Sanremo proprio a «Ragazze e capricci nei corridoi degli hotel: il lato B del Festival». O lunghe riflessioni sulle pulsioni sessuali di Aldomóvar con titolo che la diceva già lunga: «Legge del desiderio e legge di gravità».
Niente di male, si capisce. Ma mettersi oggi a strillare «al lupo!» dopo averlo esibito per un paio di mesi, con cronache, editoriali, vignette e quant’altro in cui si condannavano gli appuntamenti sardi del Cavaliere, sembra quanto meno fuori luogo. E andare persino a ripescare il Sifar per giustificare l’emersione di un atto giudiziario e di un altro notarile, sembrerebbe ridicolo se non suonasse, invece, drammatico.

Perché quel «fango» evocato ieri dalla De Gregorio o è la ricerca di una copertura per i direttori furbetti - il che sarebbe già grave - o è un allarme rosso per quello che sta iniziando a venire a galla in ambiti che si sono dipinti per anni come incorruttibili, ma che oggi cominciano a far vedere il loro vero volto. Fatto di fango, vizi e truffe. Il che, diciamocelo, sarebbe molto, ma molto peggio.

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