Sulla liberazione l’ombra del riscatto

I carcerieri in manette davanti alle telecamere, l’infermiere-ostaggio che ha salvato la vita ad Ingrid Betancourt e la presunta rivelazione su 20 milioni di dollari di riscatto. L’operazione da romanzo, che ha liberato 15 ostaggi nelle mani dei guerriglieri delle Farc è pronta a riservare sorprese. Ieri la radio Svizzera romanda ha ricevuto una soffiata da «una fonte attendibile»: 20 milioni di dollari pagati a qualche pezzo grosso delle Farc per la liberazione degli ostaggi. La smentita della Betancourt è arrivata subito da Parigi: «Una messinscena? Impossibile».
La chiave dell’operazione sarebbe stata la collaborazione di Luz Darde Conde, la compagna del comandante Cesar il capo dei carcerieri arrestato. Nome di battaglia «Sonia», la donna era una veterana delle Farc. In febbraio, quando l’hanno presa, lavorava nel «segretariato», l’organo supremo della guerriglia. Sarebbe stata lei ad aprire il canale con le Farc, che ha permesso di dare il via alla messa in scena dell’operazione “scacco».
I 20 milioni sarebbero stati spesi per convincere qualche pezzo grosso a collaborare. Lo stesso Cesar potrebbe far parte dell’operazione, o forse è vittima del bluff. Magari è il suo numero due ad aver tradito, pure lui finito finito in manette. «Cesar», al secolo Gerardo Aguilar Ramírez ed il suo vice, Alexander Farfán, alias “Gafas” sono stati presentati ieri davanti alle telecamere. Cesar, in maglietta bianca, aveva dei lividi sul viso causati al momento della cattura a bordo dell’elicottero che ha liberato gli ostaggi. Un’ottima copertura se fosse lui uno dei “venduti” delle Farc. A 49 anni d’età, 29 li ha passati nella guerriglia. Militante marxista leninista, dopo l’eliminazione del comandate “Negro Acacio” ha preso il suo posto nel traffico di cocaina. Cesar organizzava il contrabbando di droga dalla Colombia verso gli Stati Uniti. In cambio comprava armi, apparecchiature di comunicazione e medicinali. Gli ostaggi lo ricordano come il «signor no». È stato lui a strappare dalle braccia di Clara Rojas, la vice della Betancourt, il figlio Emmanuel partorito in prigionia consegnandolo a dei campesinos.
Il vero carceriere degli ostaggi eccellenti, che gestiva le prigioni nella selva era però “Gafas”, il braccio destro. I sequestrati lo ricordano come «malvagio, sanguinario e sadico». Avrebbe fatto fucilare un poliziotto sequestrato, perché stava impazzendo. Gafasi ieri era in tuta grigia e senza un livido. Il vero eroe di questa storia è però il primo capo dell’esercito colombiano, William Humberto Pérez, uno degli ostaggi liberati. Oggi ha 33 anni, e ne ha trascorsi 11 in prigionia. È stato lui, infermiere militare, a salvato la Betancourt e molti altri ostaggi. «Ad un certo punto Ingrid è caduta in depressione – racconta Perez – Non mangiava più soffriva di ulcera e infezioni intestinali». L’infermiere-ostaggio temeva per la vita della donna e iniziò a imboccarla.

«Cucchiaino dopo cucchiaino l’ho fatta mangiare», ricorda il militare. «Le dicevo che non doveva lasciarsi morire, perché era l’ostaggio più importante per il mondo intero» racconta Perez, che ora vuole tornare fare il soldato.

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