Bala BalukLe urla si placano, il brusio si spegne, Haji Mohammed Ibrahim si alza. Ha solo 49 anni, ma le altre settantenni barbe bianche lo guardano dal basso verso l'alto. Arrivano da tutto il distretto. A Kabul la campagna elettorale si sta chiudendo. Qui nell'angolo più caldo della provincia di Farah bisogna ancora capire se la minaccia consentirà di votare. Haji Mohammed, il più riverito e giovane di questi «saggi» capi pashtun non ha tempo per i dettagli. Lui va subito al sodo, chiude il discorso in poche frasi. «Un vero pashtun può votare solo Amid Karzai, il nostro presidente in sette anni ha risollevato il Paese, ha garantito gli aiuti internazionali, ha costruito le strade, diamogli un altro mandato e avremo un Afghanistan ancora migliore».
La scommessa di Hamid Karzai, il suo bonus per la sicura rielezione è tutta in quelle parole, in quella contesa rimodellata secondo gli antichi crismi della sfida tribale. In quello schema poco importa che il suo sfidante, l'ex ministro degli Esteri Abdullah Abdullah riempia lo stadio di Kabul, scodelli da un elicottero una pioggia di volantini, lo accusi di aver rilasciato assassini, sicari e trafficanti d'oppio per comprarsi la rielezione. In quello schema le accuse di Abdullah, condivise da molti alleati occidentali e da buona parte della nuova Amministrazione americana, diventano le accuse di un odiato tagiko, di un nemico storico dei pashtun, di un avversario non più politico, ma tribale. In quello schema poco importa cosa abbia fatto il presidente, conta soltanto quel che rappresenta. Come dire il sangue e il clan innanzitutto.
E davanti al sangue pashtun del clan Karzai contano poco i fiumi di sangue versati dal vecchio alleato Abdul Rashid Dastum, il generale uzbeko famoso in passato per l'abitudine di ridurre a carne trita i prigionieri usando i cingoli dei carri armati. L'anno scorso l'incorreggibile e alcolizzato generale rapì un rivale e Karzai fu costretto a costringerlo all'esilio in Turchia. Ieri il prezioso alleato è ritornato in patria portando in dote un pacchetto di voti del valore del 10 per cento, sufficiente - secondo molti osservatori - ad evitare a Karzai l'angoscia del ballottaggio. L'ipotesi di un verdetto al secondo turno, la paura di unalleanza tra i suoi nemici, i timori di scontri e disordini tribali sono il vero incubo del presidente. Gli ultimi sondaggi gli assegnano soltanto il 45 per cento dei voti mettendolo nella fastidiosa situazione di dover aspettare un pericoloso spareggio. Tra il primo e il secondo turno potrebbero passare sei settimane, un tempo sufficiente per dimostrare la sua incapacità di garantire l'unità del Paese e gettare al vento una vittoria che ora appare numericamente certa. Proprio per questo Karzai ha ignorato le critiche di Usa e Nazioni Unite preoccupati per un ritorno al governo del sanguinario e incontrollabile generale uzbeko.
L'altra grande incognita è l'instabilità delle regioni meridionali dove si concentra l'insurrezione talebana. Nelle province più calde unoffensiva degli insorti potrebbe mettere a rischio le elezioni e tenere lontani dalle urne i preziosi elettori pashtun. Proprio per questo Hamed Wali, il discusso fratello del presidente capo del consiglio provinciale di Kandahar, ha tentato di raggiungere un accordo con la shura talebana di Quetta per un cessate il fuoco limitato al giorno delle elezioni. Alcuni gruppi di talebani negano però l'accordo e minacciano di colpire chiunque si rechi alle urne. «Taglieremo dita, naso e orecchie agli elettori che andranno ai seggi» minacciano alcuni volantini.
Anche qui nel distretto di Farah gli anziani dei villaggi accennano a possibili lotte interne alla shura talebana. «Il mullah Said Ayub e il mullah Abdul Hamid, due dei quattro capi di tutta la provincia di Farah, sono da giorni in Pakistan per decidere il da farsi - spiega in un intervallo dell'incontro con gli altri capi tribali Haji Mohammed Ibrahim - vogliono capire se gli conviene bloccare il voto o garantirsi buoni rapporti con le tribù pashtun. Se bloccano le urne, terrorizzando la gente sconfiggono Karzai e i suoi alleati occidentali, ma perdono la possibilità di dialogare con noi anziani.
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