Per un giorno, chi possiede un «mawashi» potrà tirarlo fuori dallarmadio e prepararsi a sfidare gli avversari sul «dohyo». A Milano, non a Tokyo. Avete capito bene: domenica prossima il centro sportivo Crespi di via Valvassori Peroni ospiterà il primo torneo sumo di livello mondiale. Una precisazione, però, è doverosa. Nessuno sogni di cimentarsi nella disciplina tradizionale, la pratica millenaria legata in Giappone a contenuti religiosi e culturali. La «casta» contempla solo star idolatrate da un sistema impermeabile a contaminazioni dallestero. Eppure il fascino delle arti marziali, nellera della globalizzazione, non si ferma davanti ai confini dOriente. Allora in Europa i pionieri della materia hanno deciso di trasformare la tradizione in pratica sportiva. Prima cosa da fare, inserire le categorie di peso (atleti fino a 85 chilogrammi, fino a 115, oltre i 115 e «open»). La seconda, aprire il sumo alle donne. Condizioni necessarie per ambire alla dignità di disciplina olimpica. Ma questa è unaltra storia.
Lorganizzatore dellevento milanese è Fausto Gobbi, tra i maggiori lottatori italiani, con il supporto della Fijlkam, la Federazione Italiana Judo, Lotta, Karate e Arti marziali, lInternational Sumo Fan Club e lo Judo Club Milano, che peraltro è lunica palestra attrezzata per il sumo in Lombardia. Gobbi prova a ridurre le distanze da questo sport così poco diffuso, visto che in tutto il Paese si contano circa 200 praticanti. «Con prospettive interessanti di crescita - riferisce il campione italiano -, sempre più giovani si avvicinano alla disciplina. Bisogna far capire alla gente che non è indispensabile essere grassi per lottare. E poi le regole sono elementari, quanto basta a non farsi male sul serio». Sarebbe? «Vince lincontro chi riesce a far toccare terra allavversario con una parte del corpo che non sia la pianta dei piedi, oppure chi fa uscire laltro dal cerchio, che si chiama appunto dohyo, con diametro di 4,55 metri».
A proposito di parole misteriose, il «mawashi» è una lunga striscia di cotone, di quasi 5 metri, da indossare facendola girare attorno alla vita e ai genitali, mentre le donne, sotto, portano anche una tuta simile a quella usata nella lotta greco-romana.
Pier Gianni Prosperini, assessore regionale allo Sport nonché judoka cintura nera IV dan, garantisce sullo spettacolo e invita tutti al Crespi (lingresso è gratuito): «Unoccasione per far conoscere al grande pubblico unaltra fetta importante del mondo del combattimento».
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