Cronache

Suona l’Enel, arriva la polizia

(...) chiede di mostrargli la bolletta dell’Amga, io come un automa eseguo: lascio i due soli in cucina, ormai mi fido ciecamente. Torno e uno domanda un bicchier d’acqua, «ma certo, come ho potuto non pensarci io?». Alla fine firmo tutto, se mi vedesse mia madre mi prenderebbe a schiaffi, penso, ma firmo. Mentre mi salutano, «Le faremo sapere, grazie e arrivederci», suonano alla porta. «Sarà il nostro collega». Invece è un poliziotto. Li ferma con fare brusco «favorite i documenti». Loro mostrano il cartellino, «siamo quelli dell’avviso affisso sul portone». L’agente si indispettisce, «quello non è un documento». Loro immediatamente obbediscono. Io mi sto già dando della tanarda. Ecco, sono la solita, ho firmato, come minimo gli avrò venduto la casa. I due escono cercando di rassicurarmi: «Non si preoccupi, è solo che la gente ha paura e chiama la polizia». Ecco, sì, per fortuna c’è la polizia.
L’agente mi chiede di raccontargli tutto. Cosa le han detto? Io riferisco, a macchinetta pure io, potrei vendere contratti, lui ha lo sguardo investigativo. A che titolo le han chiesto la bolletta? Io non so rispondere e lui già mi guarda come una sprovveduta. Lei ha firmato? Io arrossisco e vorrei sprofondare, lui mi guarda che sembra mia madre, del tipo «neanche avessi 70 anni». Guardo fuori della porta ed eccole, le settantenni del palazzo. Son tutte lì a guardarmi fra il torvo e il preoccupato, «vedi, lei li ha fatti entrare» sussurrano. Sì, è vero, sono io la settantenne sprovveduta, non voi. Chi abbia chiamato la polizia non si sa, nessuno ammette. Di fatto, m’è andata bene. Perché i due giovani non erano truffatori, stavano solo facendo il proprio mestiere, e pure bene. «Ma non si può mai star tranquilli» mi riprende un’amabile vecchina. Lo dice anche il poliziotto: «Signorina, ora io esco, lei controlla di avere gli ori e poi mi dice». «Resti pure» dico io. «Non deve farmi vedere dove tiene gli ori, se fossi un truffatore d’accordo con gli altri?».

Se suona il postino gli tiro un vaso in testa.

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