Superpippo non si ferma più E adesso è sfida con la Juve

(...) progresso, sotto gli occhi stregati di Dunga, ct del Brasile, tutto il Milan decolla verso un finale di campionato tutto da scoprire. Recuperati sette punti in tre partite alla Juve. Anche il suo attacco, con la cifra di 59 gol segnati, diventa il migliore del torneo: un piccolo primato, naturalmente, che forse aiuta a capire e comprendere l'importanza fondamentale di certe assenze. Il piccolo acciacco tradito da Pato consente ad Ancelotti di ritagliare un tempo anche per Ronaldinho che stavolta, assist a parte, si limita a cercare il numero ad effetto senza raccogliere grandi consensi. Ma forse la sua insoddisfazione può risultare mitigata, al pari di quella di Shevchenko entrato a fare da comparsa per l'uscita di Inzaghi. Toro strapazzato e forse anche senza difesa in una serata dall'umore segnato e con ridotta carica agonistica.
«Chi glielo dice a Pippo di restare fuori?». Già, chi glielo dice se poi la sua performance ennesima s'incastona in queste settimane d'autore, 9 centri in 6 partite il parziale, mica male. La battuta, strepitosa di Ancelotti, pronunciata sabato pomeriggio a Milanello resta impressa nella memoria dei cronisti appena lo svolgimento di Milan-Torino offre lo spunto più atteso. E cioè due colpi di frusta, con la testa, del bomber stagionato, col vizio antico del gol, con cui mettere sotto il povero Toro, fragile nelle convinzioni oltre che nella difesa. E infatti alla seconda occasione utile (su angolo del solito Beckham), Inzaghi disperde Rivalta per infliggere una deviazione area, solo soletto, con cui piegare Sereni. La scena si ripete più tardi appena Beckham, col contagiri, richiama Pippo all'esecuzione aerea: 2 a 0 in un tempo è l'eccezione che conferma la regola degli affanni. Il terzo sigillo è un grazioso omaggio di Ronaldinho che fa a fette la difesa granata lasciando a Pippo il compito, elementare, di infliggere il castigo del 3 a 0 a Sereni.
D'accordo, demerito del Toro, costretto subito a cambiare sentinella sul fronte destro (via Rivalta, dentro Dellafiore) ma nel frattempo è il gioco del Milan che decolla rispetto alle ultime mosce esibizioni e promette scintille. La spiegazione didascalica è la seguente: ci sono Beckham e Kakà lucidati a puntino, non c'è Seedorf aggiungono i maliziosi e forse si tratta di un volgare pregiudizio nei confronti dell'olandese, invece bisogna dar atto per esempio a Flamini di fare, benissimo, il terzino e al resto della compagnia di esprimersi al meglio dei noti mezzi tecnici.
Il bilancio della serata si fa pesante, per il Toro, appena Banti, nella ripresa, prende un abbaglio e trasforma in rigore allegro la collisione tra Sereni e Ambrosini col portiere che devia il pallone prima di rovinare sul milanista. Il 4 a 0 maturato dal dischetto (Kakà non ha più esitazioni) viene appena mitigato dal golletto di Franceschini che non esprime la vitalità del Toro salvato alla fine solo dalla vivacità di Abate e Diana. Due su 14 sono una percentuale bassissima, pochissimi per reggere all'onda d'urto milanista che chiude in crescendo. Inevitabile, sui titoli di coda, il blitz di Ambrosini (scatenato da Kakà) con la stilettata del 5 a 1.

Il Toro ne esce a pezzi, il Milan sembra prendere la rincorsa per il secondo posto. E Inzaghi sfodera la battuta che vale:«Mi diverto perchè ogni giorno leggo che al Milan manca il centravanti di peso, quello che segna di testa...». Sorriso.

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