Alta e morbida o bassa e «scrocchiarella», in teglia o alla pala, classica o rivisitata: la pizza, a Roma, è protagonista di una vera rivoluzione, che la vede passare da alimento popolare a creazione dalta cucina, tra proposte firmate da chef e maestri dellarte bianca. Per rinnovare la tradizione, rispettandola. Primo artefice di questa nuova filosofia è Gabriele Bonci, chef di Pizzarium (via della Meloria 43; 0639745416), che ha trasformato una minuscola pizzeria a taglio in un riferimento per palati fini ed esigenti. «A rendere buona una pizza - spiega Bonci - è la cultura di chi la prepara, ciò che ha mangiato da quando era bimbo al momento in cui mette le mani in pasta. Come dice Vissani, tutto è abbinabile, basta che si riesca a legarlo. In casa, però, la pizza non si può fare: si può ottenere un buon prodotto ma profondamente diverso». Le proposte di Bonci sono molte. Si va dalla classica rossa, «preparata con pomodoro San Marzano dop, olio e origano pugliese», a creazioni elaborate come la pizza con coratella e carciofi o la sensoriale, con «ricotta messa fredda nella pizza in cottura e polveri aromatiche di liquirizia, peperoncino, menta, chiodi di garofano, arancio».
Non solo a taglio. Lo chef da Bir&Fud (via Benedetta 23; 065894016) propone una selezione di pizze tonde con lievito naturale e ingredienti di alta qualità, con particolare attenzione per le produzioni della campagna romana. Altro indirizzo deccellenza è Sforno (via Statilio Ottato 110; 0671546118), regno di Stefano Callegari: «Negli anni Ottanta e Novanta i panificatori si sono concentrati sulla sperimentazione di tecnologie innovative per creare un prodotto altamente digeribile, in processi interessanti ma lontani dalla tradizione. Oggi il trend è inverso e va a recuperare le tecniche antiche, tenendo conto delle nuove conoscenze. La rivoluzione rimane, ma nei condimenti». Come si fa una buona pizza? «Basta mettere la giusta dose di sale, circa il due per cento della farina, che deve essere di grano. La pizza tonda cuoce nel forno a legna a per un minuto e mezzo. Quella in teglia, al forno, per dieci minuti. La prima è soffice, la seconda croccante e, per questo, più amata dai romani». Specialità di Callegari è il recupero di ricette della cucina capitolina, a partire dalla pizza cacio e pepe. «Cuocio la pizza con ghiaccio tritato per mantenerne umida la parte superiore, su cui poi stendo pecorino e pepe». Le novità dello chef non sono legate solo a Sforno. Da 00100 a Testaccio (via Giovanni Branca 88; 0643419624) propone i «trapizzini». «Girando lItalia - racconta - vedevo che in molte città cerano panini con piatti di cucina locale, ma non da noi. Magari a casa ci facciamo pane e polpette, ma nei locali non era possibile trovare nulla di simile. Ho preso gli angoli della pizza bianca appena sfornata, li ho tagliati a farne triangoli e farciti con coda alla vaccinara, trippa e quantaltro». Assaggi di cucina romana «da passeggio» che, molto amati anche dai turisti, diventano biglietti da visita della cultura gastronomica della città. Tra le ultimissime proposte - debutterà la prossima settimana - il trapizzino «dolce», con fagioli e cotiche. «Cucino le cotiche spennellate con miele per renderle croccanti. Lavoro i fagioli con tuorlo duovo a farne una crema pasticciera. Metto tutto nella pizza con dadini di pomodoro verde». A Monteverde lappuntamento è alla Gatta Mangiona, per gustare le creazioni di Giancarlo Casa (via Federico Ozanam 30; 065346702): «Per una buona pizza è fondamentale la maturazione dellimpasto, che deve essere di 10 ore a temperatura ambiente o di 24 in cella frigorifera. Se la maturazione è giusta, la pizza è sicuramente digeribile e gustosa». Ovviamente, senza dimenticare qualità degli ingredienti e fantasia. «Non ci sono segreti per la scelta dei condimenti - conclude Casa -.
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