Rebecca Anversa
da Torino
E due. Tre se si contano i proiettili trovati nella cassetta postale della presidente della Regione, Mercedes Bresso. E due. Dalle 3 di ieri notte, da quando il telefono ha squillato nella caserma dei carabinieri di Susa per annunciare un’altra bomba. Questa volta non in un posto isolato come i cespugli della statale del Moncenisio, ma in pieno centro a Susa, nel cuore della protesta contro la Tav. L’ordigno, segnalato al telefono da uno sconosciuto, qualificatosi come esponente del movimento No Tav, era nascosto sotto l’auto di un elettricista, una Renault Laguna, parcheggiata in Borgata Traduerivi, a poche decine di metri dalla piazza centrale di Susa.
Gli antagonisti della Torino-Lione, quelli che non credono nelle marce pacifiche, si sono rifatti vivi con un ordigno rudimentale. Si tratta di una bombola per fornello da campeggio con fili elettrici e batterie. Gli elementi non erano collegati tra di loro, quindi era impossibile che esplodesse. Ma resta il valore dell’avvertimento, della minaccia. Nulla a che vedere con la prima bomba trovata sulla statale. In quel caso i terroristi avevano creato un pacco che conteneva del vero esplosivo, polvere da cava, e della miccia catramata, anche quella facile da reperire nei cantieri sparsi nella valle. Per ora nessun collegamento tra i due gesti intimidatori, se non la chiave di lettura: la lotta contro la realizzazione della Torino-Lione.
Nessun biglietto faceva da cornice all’ordigno, ma la voce di uomo che ha dato l’allarme ha sottolineato la firma dicendo di appartenere al movimento No Tav. Gli elementi che compongono la bomba sono facili da trasportare e destano pochi sospetti al momento dell’acquisto. E ciò fa pensare alla solita matrice anarco-insurrezionalista, anche se è presto per fare congetture certe. L’ultima bomba fa meno paura rispetto a quella ritrovata nella notte tra il 4 e il 5 novembre: la sensazione è che si è di fronte a un gruppo meno organizzato rispetto a quello che ha piazzato il pacco sulla statale. Ma non per questo il gesto viene sottovalutato.
«Agiremo con grande determinazione nei confronti di chi gioca a fare il “terrorista”, creando un allarme del tutto ingiustificato», sottolinea il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Angelo Agovino: «Abbiamo già raccolto elementi molto interessanti che sono al vaglio della magistratura. Il territorio è controllato con molta attenzione e sono fiducioso che le attività in corso ci daranno presto esiti concreti». Gli fa eco il procuratore capo di Torino, Marcello Maddalena che, stigmatizzando l’accaduto, ha detto di non ravvisare la mano di frange anarco-insurrezionaliste ma piuttosto di balordi di paese. «Sicuramente - ha affermato Maddalena - non è piacevole, per l’effetto che ha di destare allarme, preoccupazione e paura, ma non è un episodio particolarmente rilevante. L’esplosione non era possibile per come era costituito il pacco. Gli autori, su cui stiamo indagando, non sono di quelli che mettono le bombe vere e che, diversamente da questi, non lo annunciano».
Chi appare più spaventato è il popolo No Tav che vede in questi gesti minata la propria protesta che rischia di diventare terreno fertile di contestatori violenti. E quindi ieri le comunità montane si sono affrettate a prendere le distanze, sottolineando come le intimidazioni non hanno nulla a che vedere con il movimento No Tav. «Non è altro che un atto di cretinaggine - spiega Antonio Ferrentino, presidente della comunità montana Bassa Valle di Susa -, il movimento No Tav è e rimarrà all’interno del dettato costituzionale. Atti del genere rischiano, invece, di creare paura e inquinare la protesta.
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