Una tassa sulle banche europee. Come quella introdotta nei giorni scorsi da Barack Obama negli Stati Uniti. Anzi, no: il modello di riferimento è quello svedese, che già dallo scorso anno applica sugli istituti di credito un prelievo permanente il cui ricavato viene versato su un fondo speciale con lobiettivo di rastrellare un valore pari al 2,5% del Pil in 15 anni. La proposta è stata infatti avanzata ieri ai ministri economici dei 27 dal ministro delle Finanze svedese, Andres Borg, con una lettera inviata allattuale presidente dellEcofin, la spagnola Elena Salgado. Il tema non sarà lasciato cadere nel vuoto, ma verrà affrontato nel corso di una riunione informale dellEcofin che si terrà a metà aprile a Madrid.
È però probabile che i ministri si presentino allappuntamento nella capitale spagnola senza condividere una posizione univoca. Giulio Tremonti ha già dichiarato la scorsa settimana di essere schierato «dalla parte» di Obama, subissato di critiche da parte del mondo del credito per aver deciso di tassare i gruppi con un patrimonio superiore ai 50 miliardi di dollari. E sulla stessa linea si collocano il ministro tedesco Wolfgang Schaeuble, che ha definito «importante» liniziativa americana, e la francese Christine Lagarde, secondo cui è «interessante» il principio che consiste nel mettere in atto un sistema «di assicurazioni per i rischi sistemici». La Francia «inizierà con lesaminare la lettera» di Borg.
Con il partito dei favorevoli non si schiera invece lattuale commissario europeo per il Fisco, Laszlo Kovacs, che lascerà le sue funzioni a fine gennaio. Questa tassa è «tecnicamente fattibile» e anche «politicamente possibile», ha spiegato, ma il «problema» è la regola dellunanimità che si applica alle decisioni Ue sul fisco. «Non scommetterei molti soldi sullintroduzione di questa nuova tassa», ha concluso Kovacs.
La Svezia punta a raccogliere consensi su una tassa basata sui bilanci delle banche, «più logica» di una sulle transazioni finanziarie - ha detto Borg -, perché le banche possono «spostare le transazioni» in un altro Paese, ma non possono «delocalizzare il bilancio fuori dal loro Paese».
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