da Zurigo
«Il parlare italiano è l'elemento principale. Poi c'è la cultura dello stare tutti insieme, estranea agli svizzeri, e tante altre piccole cose che aiutano i nostri ospiti». Caterina Scuderi è responsabile del reparto «Mediterraneo» della casa di cura di Erlenhof, a Zurigo. I suoi ospiti sono soprattutto italiani, emigrati in Svizzera negli anni '40 e '50 e mai tornati in patria. Hanno più di 70 anni ed anche se hanno trascorso interi decenni in Svizzera non tutti hanno imparato il tedesco o lo «schwitzerduetsch», il dialetto parlato nelle regioni germanofone della Confederazione, né si sono veramente integrati. Quando sono giunti a Zurigo infatti non si parlava ancora di integrazione. Erano giovani e hanno lavorato duro.
Il reparto «Mediterraneo» li accoglie dal maggio 2003. Non è una piccola Italia, ma uno spazio (salone, mensa e stanze) per vivere le ultime pagine della vita insieme, senza sentirsi troppo spaesati.«Quello che ci distingue dalle altre case di cura è soprattutto il fatto che parliamo italiano», insiste Scuderi.
«All'inizio, dopo l'ammissione nel reparto abbiamo osservato un miglioramento della salute dei pazienti ed una riduzione dell'uso di psicofarmaci. Ma nuove valutazioni non sono state fatte», spiega la direttrice della casa di cura Brigitte Buechel. «Applichiamo la terapia del contesto, un metodo che rispetta e tiene conto delle abitudini alimentari e culturali degli ospiti. In tutto abbiamo 20 ospiti in questo reparto, quasi tutti italiani. E tutti gli impiegati parlano la lingua madre degli ospiti, che oltre ad italiani possono essere spagnoli o portoghesi».
La lingua è infatti un elemento determinante per il benessere degli ospiti: «Con l'età, la perdita di memoria e a volte la malattia è spesso difficile esprimersi in italiano, figuriamoci in tedesco. È una lingua che hanno appena imparato».
Prima di venire in questo reparto, molti pensionati italiani in casa di cura erano diventati aggressivi e tristi, solo perché non erano capiti dal personale svizzero-tedesco «peraltro eccellente», afferma Scuderi. «Ora qui stanno meglio», aggiunge.
Esiste quindi una magia delle chiacchierate e del bere un buon espresso? Il reparto funziona infatti come gli altri reparti della Casa di cura. Ma il modo di stare insieme è diverso: «Lo svizzero si secca se c'è confusione o musica ed è preciso. L'italiano non bada se questa è la sua o la tua sedia. Lo svizzero invece ci tiene terribilmente e si siede sempre allo stesso posto. L'italiano si siede dove ci sono già altre persone, cerca compagnia», racconta Scuderi. E poi c'è il mangiare, il cafè complet della sera (un caffè con latte, pane, burro e marmellata servito a cena) va benissimo per gli svizzeri, ma agli italiani non va giù.
L'immigrazione italiana in Svizzera non è stata e non è un fenomeno trascurabile.
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