La svolta della Tunisia: Marzouki il dissidente che diventerà presidente

Nel 1994 fu arrestato per aver osato sifdare il dittatore e ora potrebbe diventare il presidente ad interim che traghetterà la tunisia post-rivoluzionario fino al traguardo elettorale

La svolta della Tunisia: Marzouki il dissidente che diventerà presidente

Un dissidente della prima ora, un attivista per i diritti umani incarcerato nel 1994 per aver osato sfidare il dittatore, presentando la propria candidatura alle elezioni. E' questo il profilo di quello che, secondo indiscrezioni, sarà il prossimo presidente tunisino, sucessore di Zine El Abidine Ben Ali, rais spazzato via a gennaio - dopo 23 anni al potere - dalla prima rivolta araba. Secondo fonti ufficiali tunisine, Moncef Marzouki sarà il presidente ad interim che guiderà la Tunisia post-rivoluzionaria alle elezioni dell'anno prossimo. Un accordo sarebbe infatti stato raggiunto tra Ennahda, il partito islamista che ha vinto le elezioni del 23 ottobre, conquistando 89 dei 217 seggi dell'Assemblea costituente, e il Congresso per la Repubblica, il gruppo di Marzouki arrivato secondo con 29 seggi.

Moncef Marzouki, 66 anni, è stato il primo politico della nuova Tunisia ad annunciare pochi giorni dopo la rivoluzione del 14 gennaio la sua candidatura alla presidenza. Magro e ossuto, la faccia sorridente su cui pesa la montatura di un paio di occhiali fuori moda - autoironico simbolo del partito sulle schede elettorali - Marzouki aveva ricevuto a gennaio il Giornale nella sua casa in un quartiere periferico di Tunisi. Era appena tornato nel Paese dopo nove anni di esilio a Parigi, le valigie aperte, non ancora disfatte, appoggiate per terra. Allora, era ancora incredulo, sorpreso per la velocità con cui un regime di 23 anni era caduto sotto i colpi delle manifestazioni popolari. "Pensavo che la dittatura fosse tropo forte. Ora so che i nostri sforzi sono serviti - aveva detto - Ho sempre sostenuto che non esiste un'opposizione sotto una dittatura, ma soltanto una resistenza militare o civile. Ho spinto per quella civile. Per vent'anni siamo stati una minoranza. Abbiamo combattuto la dittatura, siamo finiti in prigione. Ero come una persona che semina nel deserto: se piove, i semi germogliano. Quest'anno ha piovuto, grazie alla collera della popolazione". Dopo la pioggia è arrivato il tempo della ricostruzione. La Tunisia ha votato il 23 ottobre, un voto storico che è stato seguito attentamente dagli altri Paesi arabi che in questi mesi sono stati teatro di rivolte, come l'Egitto, alle urne il 28 novembre.

La vittoria del gruppo islamista moderato Ennahda spaventa però la comunità internazionale e quella parte della società tunisina abituata a uno stile di vita laico. Non spaventa il prossimo presidente, secondo cui "quella del rischio integralista è un'altra bugia sul Paese. In quanto democrazia accetteremo tutti i partiti. Perché non dovremmo avere un partito islamico democratico? Certamente, se si trattasse di terroristi non li vorremmo". Marzouki è stato il presidente della Lega tunisina per i diritti arabi poi nel 2001 fondatore del suo partito d'opposizione, il Congresso per la Repubblica, subito bandito dalle autorità. Controllato, seguito, senza la possibilità di usare internet o il telefono "il dottore", come è chiamato per la sua laurea in medicina, è stato costretto nel 2002 a partire per la Francia per continuare il suo lavoro d'opposizione al regime di Ben Ali. Al suo ritorno, Marzouki era ottimista: "La ripresa politica sarà molto più semplice di quanto si crede", sosteneva.

Ma le riforme di cui parla oggi sono ambiziose: ristrutturazione delle forze di polizia, del sitema giudiziario, misure contro la disoccupazione e in favore della giustizia economica. In una recente intervista al sito francese Mediapart parla anche della stesura di una "Costituzione breve" che permetta poi un lavoro più lungo e dettagliato per l'eleborazione di una Carta fondamentale finale.

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