La svolta della vita: sei davvero felice solo dopo i 46 anni

Il passato è pieno di vita e il futuro non è più quello di una volta. Finalmente liberi dalla violenza e dal dolore di essere giovani è arrivato il tempo di inventarsi un'altra vita, senza misteri e senza attese, dedicata solo alle cose che contano, praticamente quasi morta. Pensavate che superata la soglia della mezza età si cominciasse a pensare come un comò di fine ottocento, strillando contro i guasti della modernità, il nuovo sempre peggio del vecchio, e che la cosa più eccitante da fare a letto fosse diventata cambiare le federe. Invece no. L’Economist, alla fine di lunghi e approfonditi studi, ha scoperto che essere giovani è una sfiga pazzesca. Sfiancati dal precariato o tormentati dal carrierismo, stanno sempre incazzati con il mondo e non sono mai contenti di niente, non sanno mai cosa vogliono ma lo vogliono tutto e subito. Infelici ventiquattr’ore su ventiquattro. Almeno fino ai 46 anni spaccati. É lì che il tramonto segna l'inizio del tempo della vita, del ritorno ai propri interessi, del rientro in se stessi. E pazienza se i muscoli s’induriscono, la vista si fa miope e la memoria si accorcia. Dicono: prendete Pete Townshend degli Who per esempio. Quando aveva 20 anni cantava triste e negativo: «...spero di morire prima di diventare vecchio...». Adesso a 60 suonati tiene un blog che sprizza buonumore da ogni link.
É proprio in quella stagione della vita dove non c'è più tempo per recuperare quello perduto che scopri che è sempre meglio stare bene che darsi addosso e che ogni giorno, se vissuto come se fosse l'ultimo, acquista leggerezza e intensità. L’Economist, lo dice la parola stessa, ne fa una ragione economica più che morale, chiedendosi: ma miseria a parte, i soldi fanno la felicità? Cita il re del Bhutan Jigme Singye Wangchuck il primo a volere, era la fine degli anni Ottanta, un’economia basata sulla felicità lorda più che sul prodotto interno; Nicholas Sarkozy che ha invitato il premio Nobel indiano per l'Economia Amartya Sen a far parte della commissione che si propone di andare oltre il Pil per misurare il benessere francese; David Cameron deciso, parole sue, a far diventare il Regno Unito il primo Paese occidentale che misura in modo ufficiale la felicità dei suoi abitanti.
La ricerca ha dato, in ordine sparso, le seguenti risposte: le donne sono più felici degli uomini, ma anche più facili alla depressione; chi lavora in gruppo se la passa meglio di chi se ne sta solitario in un angolo; contrariamente all’antico luogo comune l’ignorante è meno felice del colto. Poi: sposarsi fa bene alla salute, meglio ancora se non si hanno figli intorno, niente però da più tristezza di non avere un lavoro. E in ogni angolo di mondo, a qualunque livello di reddito, comunque sia, dopo i 46 anni sono più felici tutti. La felicità infine rende più sani e vaccina dalle malattie gli anziani più dei giovani. Nell’età in cui la vita smette di dare e comincia a prendere tutti i nodi si sciolgono: metti da parte le ambizioni e ti accetti finalmente come sei, non sogni più di diventare amministratore delegato della Apple ma impari come sia gratificante, ma davvero?, portare il tuo acquarello alla mostra della parrocchia. Il fatto di essere un sopravvisuuto del tempo ti aiuta a sfruttare meglio i tuoi anni, ti concentri sulle cose che contano e meno sugli obiettivi a lungo termine. Col senno di poi se qualcuno ne parla male il meno giovane la prende con filosofia «vabbè non si può piacere a tutti», il più giovane invece se la prende e basta.

Chissà se ha ragione l’Economist visto che la solitudine dei vecchi, male d'Italia, sarà la condizione di massa di un paese sempre più longevo. Leonard Cohen diceva che per salvarsi la vita ci sono la poesia, la preghiera, le canzoni, le donne e il vino. Dimenticava solo il calcio.

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