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Tagli all’esercito di Sua Maestà Va a casa un soldato su sei

Addio alle armi. La Gran Bretagna si appresta a ridurre drasticamente le forze armate, da secoli orgoglio di Sua Maestà, temute e rispettate su ogni campo di battaglia. A costringere il governo di David Cameron a un passo così grave è la disastrosa situazione economica. Per rimettere i conti in sesto si procederà a un drastico calo della spesa pubblica e il ministero della Difesa dovrà fare la sua parte.
Londra è abituata a ridimensionare o espandere il suo strumento militare a seconda della situazione strategica ed economica. E per tradizione preferisce affidare la propria sicurezza e la difesa degli interessi nazionali all’estero a forze armate relativamente piccole, efficienti e professionali. Come durante la Guerra fredda, oggi la Gran Bretagna è il Paese europeo che spende di più per la difesa, seguita a distanza dalla Francia. Ma la realtà economica impedisce di mantenere ancora questa leadership.
Il ministro della Difesa, Liam Fox, presenterà in ottobre un nuovo libro bianco che conterrà misure draconiane, anche perché il governo sostiene di aver ereditato dai laburisti una serie di impegni per la difesa, per un totale di 37 miliardi di sterline in dieci anni, che non erano e non sono finanziabili. Il quadro è aggravato dalla necessità di rinnovare l’arsenale nucleare, basato su sottomarini a propulsione nucleare Trident e relativi missili: se si mantenesse la consistenza attuale del deterrente occorrerebbe spendere 20 miliardi di sterline. La difesa sperava che il conto sarebbe stato saldato dal ministero del Tesoro, ma non sarà possibile.
Per risparmiare la Strategic Defence and Security Review dovrà avviare una pesantissima cura dimagrante della difesa. Tuttavia non saranno tagli «orizzontali», perché la scelta del governo è di preservare per quanto possibile le capacità operative, quindi le forze combattenti e i loro mezzi ed equipaggiamenti, sacrificando tutto il resto. In pratica si riduce la «coda» e si preservano i «denti».
Liam Fox ha detto che è intollerabile avere 85mila dipendenti civili e meno di 100mila soldati nell’esercito, mentre ci sono troppi generali e ammiragli, una burocrazia eccessiva e un sistema di acquisizione di sistemi d’arma e tecnologie inefficiente. Per gli analisti, oltre 30mila membri del personale delle forze armate (su un totale di 175mila) rischiano di essere tagliati. Il progetto in fase di messa a punto prevede una riduzione del 25% delle spese di funzionamento, mentre il bilancio annuale scenderà tra il 10% e il 20%. L’attuale struttura delle forze sarà completamente rivista: l’idea è quella di proteggere le capacità e i sistemi d’arma che sono più necessarie per fronteggiare le attuali esigenze operative, rinunciando a quegli aerei, navi, mezzi che, almeno nel medio termine, sono meno prioritari. Oggi Londra ha oltre 10mila uomini e donne impegnati in guerra in Afghanistan e vuole continuare a essere in grado di sostenere un impegno di questo livello, anche se al contempo spera di potersi disimpegnare da Kabul a partire dal 2015.
Nello scegliere a cosa rinunciare non si esiterà a compiere scelte dolorose e a infrangere tabù: c’è chi ha proposto di sciogliere la Royal Air Force, la RAF che salvò la Gran Bretagna dallo spettro di una invasione nazista durante la Seconda guerra mondiale. Alcuni studi suggeriscono l’assorbimento dei Royal Marines all’interno dell’esercito. Altri ancora sostengono che la Marina dovrebbe accontentarsi di navi meno costose. Questa incertezza ha portato a una lotta che si combatte nei corridoi del ministero, ma anche sui media e in Parlamento. C’è chi dice cinicamente che lo scontro più feroce non si combatte in Afghanistan, ma a Londra.


La questione della ristrutturazione della difesa occupa le prime pagine di tutti i quotidiani e l’opinione pubblica, pur riconoscendo la necessità di un ridimensionamento, non è favorevole a vedere il proprio Paese disarmato. Il nuovo corso costringerà poi Londra a collaborare di più con i partner europei, a livello politico, strategico e industriale.

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