Taglio degli eurodeputati, una battaglia tutta «prodiana»

Caro Dr. Granzotto, ho sentito dalla radio che per protesta Mastella non parteciperà al vertice europeo dei ministri della giustizia. Motivo: perché i lavori non verranno tradotti in italiano. Magari non capirebbe nulla senza un traduttore. Non ho trovato traccia sui giornali, mi può confermare? Lorenzo Valla aveva previsto la situazione 500 anni orsono: «Non ci può essere unione tra nazioni che parlano lingue diverse». Si rende conto che per 4 lingue occorrono 6 traduttori? Esempio: italiano/francese, italiano/inglese, italiano/tedesco, francese/inglese, francese/tedesco, inglese/tedesco. E per 26 lingue? 325 traduttori (risparmio l’elenco).


La notizia del gran rifiuto di Mastella è stata debitamente riportata dalla stampa, caro Maletto. E non poteva essere altrimenti perché in quella occasione il ministro ha dato prova di energico, volitivo patriottismo. Ebbimo in passato «vittorie mutilate» e «inique sanzioni»: è ora di dire basta. Non intendiamo più essere discriminati; vogliamo, pretendiamo il nostro posto al sole, foss’anche il sole degli idiomi. Tanto più che un’altra tegola c’è piombata tra capo e collo. La Commissione europea ha infatti deciso di dare una sforbiciata al numero degli europarlamentari. E del nostro stock ne hanno soppressi ben sei. Sei lauti stipendi più i benefits, più la pensione, più il dolce far niente garantiti per cinque anni filati. Una tragedia, caro Maletto, tant’è che subito s’è levata, alta e forte, la protesta: Prodi ha infatti dichiarato che non ci sta, non ci sta manco per niente e non intende accettare di perdere l’attuale parità numerica di eurodeputati tra i tre grandi Paesi dell’Unione europea (dando quindi per assodato che l’Italia prodiana è «grande» al pari di Francia e Germania e più «grande», direi più «grandissima» della Gran Bretagna).
Sull’annoso problema delle traduzioni c’è poco da dire: la patria comune è una Babilonia e una Babilonia resterà in quanto nessuno dei ventisette soci comunitari intende, giustamente, rinunciare alla propria lingua madre. Ciò significa 3mila 830 traduttori a libro paga (costano, a noi contribuenti, la bellezza di 800 milioni di euro all’anno) che devono coprire oltre 400 combinazioni linguistiche incrociate. Senza aggiungere la difficoltà di reperire professionisti che sappiano volgere il lituano in greco o il danese nello sloveno e lo sloveno nel finlandese. Può capitare quindi che la macchina si inceppi, ma è difficile che a farne le spese sia, mettiamo, l’inglese. Più facile che tocchi ad una lingua minoritaria. E quella che si parla a Ceppaloni lo è. Per quanto riguarda invece il taglio degli eurodeputati tricolori, non c’è davvero motivo di indignarsi e protestare. Primo perché è una decisione democraticamente (15 sì, 5 no e tre astenuti) presa dalla Commissione affari costituzionali dell’Europarlamento, cioè dall’avente diritto.

Per quel che servono - e qui siamo al punto due - avrebbero potuto tranquillamente ridurre i nostri eurodeputati da 78 a zero senza procurar offesa all’Europa o all’Italia. Gli unici, a piangere, sarebbero stati quei 78. Entità trascurabile sotto tutti i punti di vista.
Paolo Granzotto

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