Roma

Tandoori, l’altro sapore dell’India

Tandoori, l’altro sapore dell’India

Colorata, profumatissima, complessa e varia come il Paese che rappresenta, caratterizzata da ricercati mix di spezie: i sapori e le tinte «vivaci» della cucina indiana hanno, in realtà, un monocromatico cuore di terracotta, il forno tandoori, all’apparenza una semplice giara dalla quale, escono come per magia pietanze caleidoscopiche, che portano l'estate in tavola. È questa atmosfera pittorica, con la sua tavolozza di gusto unita alla mancanza di grassi, a sedurre romani e romane che, con l’arrivo della stagione calda, vanno alla ricerca di sapori «esotici» in una sorta di viaggio culinario che anticipi le vacanze.
Tra le mete gastronomiche spicca l’India. Non è un caso che al Pigneto, quartiere lancia-tendenze degli ultimi anni, sia stato recentemente inaugurato il ristorante e take away Tiger Tandoori (via del Pigneto 193; 0697610172), ultima creatura di Massimo Innocenti - già proprietario di Necci, nella stessa zona, e del Micca Club, in via Pietro Micca - e degli chef Benjamin Hirts e Altab Hossain. Nella Carta del locale, in particolare specialità dell’India meridionale, dal Bhuna Baingen, purè di melanzane cotte nella cenere del Tandoori, al Machli Tandoori, orata con salsa alla senape nera, senza dimenticare fritti, sformati e «dosa», piadina locale fatta con farina di riso e lenticchie.
A guidarci alla scoperta della cucina indiana è lo chef Hossain, che a soli trentuno anno ne vanta già undici passati ai fornelli della Capitale. Indispensabile il forno tradizionale. Non a caso il locale ne ha importati due dall’India. «Il forno tandoori - spiega Altab Hossain - non ha equivalenti in Italia. È un cilindro in terracotta che esternamente ha dei cavi di metallo per evitare che si rompa. Al suo interno si pone carbone di legna, che va fatto bruciare dieci minuti prima di iniziare la cottura. La temperatura minima è di centottanta gradi, basta aggiungere del carbone per alzarla. Usarlo però non è facile. Occorre esperienza per capire la temperatura, perché non ci sono indicatori, e stabilire il giusto livello di cottura per ogni pietanza».
Nel forno tandoori si può cuocere tutto, dal pane alla carne, dal pesce alle verdure. «Il pane si fa con un impasto di acqua, sale e farina, senza lievito - prosegue Hossain - che si pone diviso in più parti sulle pareti del forno. Contemporaneamente, appoggiati al bordo, si possono mettere fino a dieci spiedini». La difficoltà delle ricette è nel trattamento che precede la cottura. Come si prepara la carne prima di metterla nel forno? «Il pollo si fa marinare per circa ventidue ore in un composto realizzato con yogurt e un mix di spezie, come cumino, chiodi di garofano e cannella, prima tostate nel forno per sessanta minuti e poi tritate a farne polvere. Sono queste a dare il tipico colore giallo alla carne. Poi si passa alla cottura. L’agnello va tritato e mescolato con peperoncini verdi, coriandolo fresco, cipolla rossa, cannella e sale, lasciandolo riposare per due ore». E il pesce? «La marinatura, che dura nove ore, è in un composto di yogurt e spezie. Sono queste ultime a rendere leggere le portate, contribuendo a eliminare i grassi». Una delle caratteristiche di tale tipo di cottura è la ricchezza di profumi che sprigiona. «Per questo, sopra il forno si poggia del pane, che così prende l’aroma di ciò che si sta cucinando».
La cucina indiana piace davvero molto ai romani, tanto che i suoi sapori si rincorrono di quartiere in quartiere, da Himalaya’s Kashmir, con antipasti Tandoori (via Principe Amedeo 325; 064461072), allo storico Himalaya palace, aperto da più di venti anni (circonvallazione Gianicolense 277; 065826001), senza dimenticare Maharaja al rione Monti, apprezzato anche da palati «vip» (via dei Serpenti 124; 064747144).

Basta lasciarsi conquistare da aromi e colori.

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