Milano - Penati si salva. In manette l’ex assessore all’edilizia del Comune di Sesto San Giovanni, Pasqualino Di Leva, e l’architetto Marco Magni. Per i due, i finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Milano stanno eseguendo due ordinanze di custodia cautelare in carcere con l’accusa di corruzione nell’ambito dell’inchiesta dei pm di Monza sulle presunte tangenti relative alle aree ex Falck e Marelli, nella quale è indagato tra gli altri anche Filippo Penati. Gli arresti sono stati motivati perché c'è pericolo di reiterazione del reato.
Per Penati il gip cambia il reato La custodia cautelare era stata chiesta anche per l’ex vice presidente del Consiglio regionale - ed ex sindaco di Sesto San Giovanni - Filippo Penati e per il suo ex braccio destro Giordano Vimercati. Il gip Anna Magelli ha però rigettato la richiesta perché i fatti di cui sono indagati sono caduti in prescrizione. Secondo il magistrato, infatti, pur essendoci "gravi indizi di reato" e anche "esigenze cautelari", nel caso dell'ex presidente della Provincia di Milano le tangenti - che risalgono al 2001-2002 - sono non una concussione (come proponevano i pm) ma una corruzione, i cui termini di prescrizione sono più brevi.
"Numerosi e gravissimi atti di corruzione" Secondo il gip però gli atti dell'inchiesta "dimostrano l’esistenza di numerosi e gravissimi fatti di corruzione posti in essere da Filippo Penati e da Giordano Vimercati nell’epoca in cui questi rivestivano la qualifica di pubblici ufficiali prima presso il Comune di Sesto San Giovanni e poi presso la Provincia di Milano", come si legge nell'ordinanza di custodia cautelare per Di Leva e Magni. Il magistrato poi motiva così il mancato arresto degli altri due indagati: "Per quanto attiene ai fatti di corruzione posti in essere da Penati e da Vimercati si tratta di episodi che risalgono agli anni Novanta e agli anni dal 2000 al 2004, rispetto ai quali, pur in presenza dei prescritti requisiti dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, l’applicazione di qualsivoglia misura cautelare è preclusa dalla intervenuta causa diestinzione del reato rappresentata dal decorso del termine massimo di prescrizione".
"Temeva le dichiarazioni di Di Caterina" Filippo Penati "si sente costantemente in debito" con l’imprenditore Piero Di Caterina, col quale aveva "rapporti di dare/avere", ne teme "le rivelazion" e per questo dimostra una "perdurante disponibilità" ad "intervenire" nel suo "interesse" anche "con gli esponenti della neo giunta milanese". Lo scrive il gip di Milano Anna Magelli nell’ordinanza con cui ha respinto la richiesta d’arresto per l’esponente del Pd per intervenuta prescrizione dei reati di corruzione. Per il gip, l"’indizio principe" dei rapporti tra Di Caterina e Penati è rappresentato "dal preliminare di vendita concluso il 14-11-2008 da Di Caterina e da Binasco Bruno", che è un "mero strumento giuridico volto a fornire una giustificazione del passaggio dal Gruppo Gavio a Di Caterina della somma di 2 milioni di euro". Somma, spiega il gip, "che corrispondeva all’importo delle somme che a quell’epoca Penati doveva ancora restituirgli (a Di Caterina, ndr), a fronte di finanziamenti sino a quel momento ricevuti dallo stesso Di Caterina". Il giudice, inoltre, riporta in parte anche il contenuto di una telefonata del 17 maggio 2010 tra Penati e l’imprenditore, titolare dell’azienda di trasporti Caronte. Di Caterina, si legge nell’ordinanza, "in ordine alle concessioni relative al trasporto pubblico" chiede al "politico un suo diretto intervento" sui sindaci di Cinisello Balsamo e Segrate. Penati gli dice: "Fammici muovere adesso, fammi muovere, capire chi c’è lì dove si può".
Inoltre, scrive ancora il gip, l’ex presidente della Provincia di Milano interviene "in prima persona nei confronti di alcuni sindaci aderenti al Consorzio", il Consorzio Trasporti Pubblici, "(peraltro con nessun risultato favorevole a Di Caterina) non declinando l’invito rivoltogli da Rugari (Antonio, presidente del Consorzio, ndr) ad interfacciarsi a tale riguardo anche con gli esponenti della neo giunta milanese". Peraltro, conclude il gip, "di tali eventuali contatti con gli assessori milanesi in atti non vi è traccia alcuna".
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