Targa Florio, arte e cultura con le auto entrate nel mito

Al Museo Canonica fino al 28 maggio la mostra sulla più antica corsa del mondo

Laura Gigliotti

Nell’ingresso, vicino a una pompa di benzina in ghisa, c’è l'Alfa Romeo rossa con cui Ugo Sivocci vinse nel 1923 la Targa Florio. Su una fiancata compare per la prima volta il simbolo del quadrifoglio, l’inconfondibile portafortuna dell’Alfa. Nel giardino sono esposte una monoposto Fiat 1100 del ’48, una Siata carrozzata Farina e una Renault 1600 del ’73 rally. Sono le auto d’epoca che fanno corona alla mostra del centenario della Targa Florio promossa dal Comune di Roma, dall’Istituto Italiano Quadri e dalla Fondazione Targa Florio. «L’energia di un mito. Arte, cultura e imprenditorialità nella corsa più antica del mondo», foto, cimeli, opere d’arte, aperta fino al 28 maggio al Museo Canonica. Un accostamento solo apparentemente improprio fra le auto rombanti e le sculture dell’accademico artista piemontese, ritrattista della mondanità e dei sovrani di mezza Europa che nel ’27 ottenne in uso fino alla morte dal Governatorato di Roma la «Fortezzuola» per farne la propria casa-atelier. L’elemento che unisce la corsa più antica del mondo, (90 edizioni fra corse, rally e auto storiche, la prima il 5 maggio del 1906), e il Museo di Villa Borghese è il ritratto in marmo di Franca Florio, eseguito da Canonica nel 1904. Nobile e bellissima, detta la «Regina di Palermo», moglie di Ignazio, fratello di Vincenzo Florio ideatore della corsa, «donna Franca» come la chiama D’Annunzio, viene ritratta anche da Boldini con la lunghissima collana di perle dono del marito per farsi perdonare l’ennesimo tradimento. A Villa Igea opera dell’architetto Basile (dove è tornato il dipinto di Boldini, merito di Caltagirone), riceve principi, intellettuali, artisti e per spostarsi in treno dispone di una carrozza privata.
La storia della corsa automobilistica s’intreccia con quella della famiglia Florio, la più potente dell’Ottocento, e in particolare con le intuizioni di Vincenzo, il più giovane e moderno dei due fratelli, a capo di un impero imprenditoriale che va dalle tonnare alle navi, alle banche, all’industria dello zolfo, alle ceramiche, alle fonderie, ai vini. Un’immensa ricchezza che non reggerà all’impatto della modernità e ai rapidi cambiamenti imposti dal mercato dopo il turbine della grande guerra. Con la fine della Bella Epoque si sgretolerà anche la fortuna dei Florio, venduti quadri e gioielli, il ritratto di Boldini finirà ai Rothschild. Ma gli anni dell’incipiente declino sono anche quelli ruggenti della corsa automobilistica delle Madonie. «Vincenzo Florio schivo, riservato e geniale, ha una visione moderna, tecnologia della società, proiettata sul futuro», ricorda il curatore della rassegna Marco Ancora. Guida a quindici anni nel 1898 un triciclo a motore Dion-Buton acquistato a Parigi per lui dal fratello, diventa un grande pilota e capisce subito l’importanza dell’automobile come elemento di sviluppo e progresso sociale. Nel 1906, per farla conoscere al pubblico internazionale, lancia la nuova corsa a Parigi, assicurando forti sconti sul costo del viaggio a chi raggiungerà la Sicilia. È lui a inventare il concetto di circuito in grado di testare i prototipi delle nascenti case automobilistiche. Un percorso dal mare a mille metri di altitudine, in cui pilota e macchina siano costretti ad affrontare in poche ore tutte le difficoltà e gli imprevisti di un lungo viaggio. E ai vincitori accolti a Floriopoli da una folla festante ospitata in eleganti tribune (distrutte da un incendio nel ’21), vengono offerte targhe firmate da artisti come Lalique e Cambellotti. Lo stesso che nel 1906 sigla il logo (due mani che stringono un volante), della rivista «Rapiditas», vero e proprio manifesto inneggiante alla velocità come forma di conquista della scienza e del progresso. Tre anni prima del Manifesto del Futurismo di Marinetti. In mostra accanto a pannelli che rievocano la storia della famiglia Florio e alle opere di artisti che hanno documentato la Targa (Anastasi, Crosby, Gregoretti, Montaut), o che come i futuristi hanno tratto ispirazione dalla velocità (Balla, Boccioni, Dottori), molti manifesti e locandine e tante fotografie. Le macchine e i piloti.

Da Nuvolari, a Varzi, a Villoresi su Maserati che nel ’37 si protegge dal rifornimento coprendosi la testa, mentre dietro di lui, attraverso un grosso imbuto, viene versata benzina nel serbatoio.
Museo Pietro Canonica, viale P. Canonica (Villa Borghese). Orario: dal martedì alla domenica 9-19 (chiuso il 1 maggio). Fino al 28 maggio. Info:06-82059127 e www.targaflorio.org

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