Mauro Corona ha avuto una visione: la società perfetta è la società della patata. Il nutriente tubero, per lo scrittore montanaro, è simbolo dellarcaica civiltà contadina, negletta dal mondo moderno che ha stoltamente preferito lindustria allagricoltura, lo sviluppo alla sussistenza, i farmaci alle pozioni, il riscaldamento centralizzato ai geloni nelle gambe. La forza della profezia è stata tale da costringere Corona a scrivere un romanzo(La fine del mondo storto, Mondadori; un estratto apparve nel 2008 su Repubblica). Ora tutti sappiamo cosa ci attende.
Un giorno, un bel giorno secondo lautore, finisce il petrolio e il mondo, rimasto senza energia e carburante, torna dritto al neolitico o giù di lì. Presto non rimane un tubo da mangiare, e gli uomini a partire dai bambini muoiono come le mosche. I sopravvissuti sono costretti a reimparare larte di coltivare gli orti. Lapocalisse si rivela una splendida opportunità: «Fame e terrore della morte hanno creato una società perfetta, un equilibrio mai visto prima». Non ci sono più «gerarchie né subordinati». Crolla la distinzione tra «gente che comanda» e «gente che ubbidisce», al massimo «si danno dei consigli, ma molto pacatamente». «Chi non lavora, non mangia» diventa una regola aurea. Ogni orpello, inclusi gli inutili vecchi, viene eliminato dalla necessità. Tutto viene «saccheggiato e riutilizzato, tranne la tv. O meglio lapparecchio tv. Da quello non si cava niente di buono».
Qualche intoppo, nella società della patata, cè. Corona non lo nasconde. I poveri, a esempio, «hanno esagerato facendo inginocchiare i ricchi, umiliandoli e ammazzandoli». E se per caso cè qualche ricco buono? «Agli occhi dei poveri, i ricchi sono tutti uguali: carogne, crumiri, tirchi e bastardi. E forse hanno ragione». Oltre alle questioni di classe, comunque risolte in perfetta uguaglianza grazie alla «morte contemporanea sullintero pianeta», ci sarebbe il problema del regresso nella cura delle malattie gravi. Ai tempi del petrolio si facevano passi in avanti, questo è vero, «ma cera sempre qualche bacchettone moralista che frenava la ricerca accampando motivi etici e tirando in ballo Dio». La società della patata riparte da zero, riscopre «valori dimenticati da anni» come «il lavoro manuale, il tempo libero, la semplicità, il movimento». Poi la proprietà e lavidità rovinano questa condizione idilliaca. Superato il primo inverno «gli scampati stanno bene, perciò hanno tempo di perdersi in mille arrovellamenti. E così facendo cominciano a rompersi i coglioni a vicenda». Si ricomincia. La società della patata rischia di collassare. Lumanità si incammina verso un nuovo baratro.
Venerdì sera, indossata la abituale divisa da personaggio anticonformista (bandana, canottiera e anfibi), Corona ha accettato di contaminarsi con la televisione, orribile strumento tecnologico «da cui non si cava niente di buono», eccezione fatta per la promozione dei propri libri nella speranza che finiscano in classifica. Ospite di Daria Bignardi alle Invasioni barbariche, lo scrittore abituato a scalare le montagne si è trovato di fronte a un ostacolo insormontabile: il buonsenso della nigeriana May Okoye, 35 anni, protagonista di SOS Tata, programma in cui insegna alle famiglie in crisi come si accudiscono i bambini (in onda da anni su Fox Life).
La tata, di fronte al Corona elogiatore della decrescita, è rimasta basita. Trascrivo parte del dibattito. Corona: «In una società contadina, quando lei ha mangiato, quando ha ottenuto ciò che il corpo richiede: il nutrimento, le rimane il tempo libero, per parlare, leggere, stare coi figli. Ma noi siamo forsennatamente portati a produrre». Tata May: «Se siamo arrivati alla società di oggi è perché luomo aveva delle esigenze. Certo, dobbiamo migliorare ma non possiamo ridurci tutti quanti a coltivare le patate. Anche in Africa, prima della colonizzazione non tutti erano contadini, ogni persona aveva il suo mestiere ed era parte della società». Corona: «Ma tu sai che in Africa cè la terra più fertile del mondo è muoiono di fame? Hanno ancora laratro di legno. Possono fare cinque raccolti allanno e non coltivano. E finiscila di parlare di patate, può essere languria o il cavolfiore. Vedrete che non appena terminerà il petrolio torneremo a creare una società di contadini». Tata May, stimolata dalla conduttrice: «Io sono nata in Nigeria, mio nonno era contadino. Non avevamo il mito della campagna, ma dello studio.
Comunque, dopo la tata May, lattrice Chiara Francini ha riassunto con una battuta finale il mondo agognato da Corona: «È la società della patata». Non era un complimento.
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