Politica

Tav, la Bresso accerchiata scarica le colpe a sinistra

Fondi Ue a rischio se non partono i lavori. Il governo: «Eravamo pronti già 6 mesi fa»

nostro inviato a Susa
Certo non debbono essere in molti, in questo momento, a voler indossare i panni di Mercedes Bresso. La presidente del Piemonte è circondata: le bombe rudimentali, i proiettili dimostrativi, i picchetti, i ricorsi al Tar e le marce di protesta. Con cinquantamila persone che, in coro, scandiscono slogan contro di lei e i notabili della sinistra regionale e nazionale. La signora si dibatte anche. Fra le mille contraddizioni che viaggiano da sempre nell’orbita Ds. In buona sostanza questa storia dell’alta velocità, che ha fatto impantanare nell’imbarazzo la sinistra, sta diventando un incubo per una presidente che, pressata dalle circostanze e in vista di certe scadenze elettorali importanti, accusa da un lato la sinistra, cui lei stessa appartiene, di avere una mentalità datata, cioè di essere antimodernista. E dall’altra preme perché i carotaggi dei terreni e gli scavi comincino subito. «Siamo tornati a vivere in un periodo in cui sta prevalendo un atteggiamento antiscientista, gli scienzati sono visti come streghe, in Val Susa chi si oppone alla linea ad alta velocità ha piegato la scienza a fini di parte. Si scavano gallerie tutti i giorni, una galleria è forse il diavolo?», ha dichiarato, avant’ieri, la Bresso alla Stampa di Torino. Risultato? Ad imbarazzo si somma imbarazzo. Come è accaduto per l’ultima sua uscita. «Non è una mia fantasia - ha dichiarato ieri la governatrice Bresso - il fatto che i lavori per lo scavo di Venaus debbano iniziare entro il 31 dicembre, pena il decadimento dei finanziamenti europei. Lo dimostra una lettera inviata da Francois Lamoureux, direttore generale Energia e Trasporti della Commissione europea il 15 settembre scorso». Cosa è scritto in quella lettera? «La realizzazione della galleria di Venaus, prevista nel 2003, poi slittata al 2004, poi di nuovo slittata all’inizio del 2005, non è ancora cominciata, mentre i fondi previsti sono già stati erogati dalla Commissione nel 2003 e il periodo di utilizzo scade il 31 dicembre 2005». «Voi comprendete - si legge nella parte finale del documento - che questa situazione è molto dannosa per la credibilità stessa del progetto nel momento in cui la Commissione si appresta a stabilire la pianificazione finanziaria pluriennale 2007-2013. In queste condizioni, se non ci sarà alcuna garanzia ufficiale da parte degli Stati membri per assicurare la partenza dei sondaggi e della galleria di Venaus al più tardi entro l’autunno 2005, la Commissione potrà essere costretta a rivedere al ribasso il suo sostegno nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013».
La governatrice, colta da improvvisa volontà di accelerare l’alta velocità, ci mette del suo e aggiunge «che Venaus è appaltata, l’azienda sta aspettando di fare i lavori, si stanno pagando le penali. Non c’è nulla da decidere, c’è solo da fare». Belle parole. Sbugiardate poche ore dopo dal viceministro delle Infrastrutture, Ugo Martinat. «Come governo, avremmo aperto i cantieri già sei mesi fa e se qualcuno non avesse avanzato richieste di moratoria i lavori sarebbero già iniziati. I sondaggi devono essere eseguiti, altrimenti non sapremo mai cosa c’è sotto quella montagna». Bacchettate a chi rema contro sono arrivate ieri anche dal sottosegretario all’Economia Michele Vietti: «Si tratta del collegamento ferroviario con il resto d’Europa. Perdere questa occasione significa condannare il Piemonte all’emarginazione». Quanto alle conseguenze che la questione Tav potrebbe avere sulle elezioni politiche del prossimo anno è stato ancora Martinat a parlare fuori dai denti: «Prodi ci sta ancora pensando, lui ci mette un po' a carburare - ha chiosato -. Intanto, però, Rifondazione comunista ha detto no alle grandi opere.

Cosa intende? È un veto solo alla Tav o anche alla Genova-Novara o, che so, all’Asti-Cuneo, che inaugureremo in primavera?».

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