«Tavolo comune anti-crisi con industria e commercio»

Nella terza edizione del Forum «Futuro fertile» di settimana prossima a Taormina Confagricoltura presenterà 8 proposte per il G8 agricolo del mese prossimo. In ambito nazionale avete proposto l’istituzione di un tavolo con le altre categorie per affrontare i problemi creati dalla congiuntura.
«Confagricoltura è convinta che il settore primario possa svolgere un ruolo di antidoto alla crisi - risponde Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura -. Si tratta di definire come l’agricoltura possa contribuire alla soluzione dei problemi. Non siamo innamorati di liturgie concertative, ma riteniamo che sia necessario un confronto aperto. I richiami di Confindustria e di Confcommercio a una maggiore attenzione del mondo delle piccole imprese indicano delle priorità comuni».
In particolare, quali sono gli ambiti di intervento che vi potrebbero accomunare?
«Ci sono misure trasversali come l’attenzione alle infrastrutture e ci sono anche misure settoriali come la rottamazione che in fasi recessive possono riguardare anche le macchine agricole. Bisogna capire se sono praticabili oppure no».
Ma all’agricoltura cosa serve in questa fase?
«Vanno bene misure congiunturali come l’estensione della durata della cassa integrazione anche se nel nostro comparto il 90% dei lavoratori è a tempo determinato. Ma è necessaria anche una riduzione dell’Iva nel comparto dei suini e vinicolo. Poi servirebbe anche una detrazione di parte del costo del lavoro dall’Irap sopra le 150 giornate lavorative. Infine, salvaguardare l’export considerato il livellamento verso il basso dei prezzi agricoli».
Ma tra abbassamento dell’Irpef proposto da Confcommercio e detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo o delle patrimonializzazioni chiesti da Confindustria cosa preferite?
«Laddove si detassino gli investimenti siamo in grado di creare un volano di crescita per chi è riuscito a verticalizzare aggregando produzione, trasformazione e distribuzione. Concordiamo sull’esigenza di promuovere meccanismi di autocertificazione come quelli del piano casa: più si vive di certificati pubblici, meno si fa impresa».
E al sistema bancario dopo l’avvio di Agriventure con Intesa Sanpaolo cosa chiedete?
«Agriventure rappresenta un nuovo approccio del sistema bancario al mondo dell’agribusiness, non più limitato alla vecchia cambiale agricola. In questa situazione, però, serve anche che sia concesso credito a chi presidia i mercati, ovviamente su basi selettive».
Parliamo di quote latte. Il decreto con le correzioni da voi richieste sta per essere approvato. Ma le vostre proteste ad Arcore e Gemonio così come il fatto che per gli agricoltori del Sud non cambi praticamente nulla, non rischiano di territorializzare troppo la vostra azione?
«Nella manifestazione di Bologna dello scorso autunno la componente meridionale era maggioritaria perché alcuni temi come fiscalizzazione degli oneri previdenziali e Ici sui fabbricati sono più sentiti.

Le battaglie sindacali sono state condotte su un equilibrio di priorità. E anche ad Arcore c’erano pullman da Puglia e Sicilia. Noi teniamo conto delle difficoltà del Sud che ha bisogno di progetti di filiera nel settore dei cereali e dell’olio».

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