
Quando si dice: la vita è uno spettacolo. Ebbene: stavolta lo spettacolo è davvero quello di una vita. Le novantuno primavere di uno di massimi protagonisti e testimoni d’un teatro e d’un cinema irripetibili.
Prima del Temporale, stasera ancora in scena al Festival di Spoleto (e quest’inverno in tournée), «è un po’ il mio “posto delle fragole”confida Umberto Orsini, citando Ingmar Bergman - Il luogo della memoria in cui un vecchio guarda a sé stesso, come in uno specchio». Lo specchio che consente al grande attore d’affrontare l’unico ruolo che, in settant’anni di carriera, non aveva ancora interpretato. Sé stesso.
Cos’è Prima del Temporale? E perché questo titolo?
«Io ho avuto una vita meravigliosa, della quale mi sento un sopravvissuto. Ma col dovere di ricordare. Così con Massimo Popolizio abbiamo immaginato un vecchio attore che nel suo camerino, prima d’entrare in scena per interpretare Temporale di Strindberg, sollecitato dalla sarta del teatro o dal pompiere di turno, viene assalito dai fantasmi dei ricordi. E ci si immerge, rivivendoli tutti. E quell’attore sono io».
Un bilancio esistenziale dei suoi 91 anni, dunque? O un’operazione nostalgia?
«Un po’ tutto questo. Ma divertente, grazie ad un dispositivo scenico che alterna videoproiezioni a gigantografie semoventi, con tempi imprevisti e frammentari, come imprevista è la memoria. Eccomi allora ripetere L’uomo dal fiore in bocca, che mi fece ammettere all’Accademia grazie ad un herpes al labbro che lo rese più realistico; eccomi rivivere titoli che hanno fatto storia – Il diario di Anna Frank, in cui debuttai sostituendo un ragazzino chiamato Luca Ronconi, o I fratelli Karamazov, che mi trasformò in un divo tv - assieme a personaggi unici ed amatissimi, da Luchino Visconti a Romolo Valli (che mi regalò il libro della mia vita: Dove corry Sammy?, di Schulberg) dall’incantevole Virna Lisi a Rossella Falk, che m’aiutava a memorizzare i copioni. Persone che, se si riunissero su questo palco, sarebbero tutte più giovani di me».
Ma nel ricordo riaffiorano anche fatti meno blasonati, intime amicizie, flirt paparazzati…
«Ancora oggi mi chiedono “Ma lei era il fidanzato delle Kessler?”, pensando al ventennale amore con Ellen, sbocciato al bar della Rai di via Teulada, lei vestita di piume e paillettes io da rivoluzionario de I grandi camaleonti. Oppure ricordano il Carosello (che si vedrà) sulle calze Omsa: quando sbalordivo “Oooh: Omsa!”. E come dimenticare l’amico che mi manca di più, Corrado Pani, cinico ma divertente anche quando mi fregava a poker? O la dolce Sylvia Kristel, con cui girai l’erotico Emmanuelle 2, e che è morta così male?».
E alla fine di tutto, un inevitabile raffronto tra la grandezza di ieri e la mediocrità di oggi?
«No.
Certo: oggi basta che un ragazzotto abbia fatto tv e subito vuol essere primo attore. Ma ogni epoca ha i suoi grandi. Io ho conosciuto i Mastroianni, i Volontè. Ma oggi ci sono i Marinelli, i Sorrentino. Ieri come oggi una cosa sola conta. La qualità».