Il «tecnico» che parla senza farsi capire

Non è che la tv del mio bar migliori l'espressione di Padoa-Schioppa, già svagata, come quella dei mai perspicaci cani di Sant'Uberto. I quali sono tra l'altro quelli ai quali si ispirò la Disney per disegnare Pluto ma anche Pippo. E mentre il ministro si risente degli insulti e fa il broncio, stirando tutto il labbro superiore ma a bocca aperta, la somiglianza diventa imbarazzante. Insomma non è che la fisiognomica del nostro sia tra le più brillanti; la qualcosa già lo dovrebbe sconsigliare dall'osare troppo. E invece lui ostenta. In un discorso le cui vette morali implicano di compiacere i contadini sudtirolesi e Visco, lui infatti chi ti infila? Eraclito. Addirittura uno tra i frammenti più complicati di un filosofo presocratico, che, solo a sentirlo preoccupa l'amico che accanto a me beve l'aperitivo. Mi guarda e si rivolge alla tv, interdetto, come avesse appena visto la Rita Levi Montalcini in bikini. E in effetti non basterebbe dire che con Unipol e i senatori tirolesi da blandire, Eraclito c'entra come i cavoli a merenda. Eppure nel suo discorso mal dosato, da burocrate tepido in eccesso di zelo, il ministro ha ostentato il più abissale dei presocratici, con la stessa confidenza che si dedica a uno di casa.
Torna alla mente un'altra citazione mal fatta, di Kant, messa a infiorare non ricordo se la Finanziaria o il Dpef. Dunque è ovvio: del frammento eracliteo o delle sue varianti filologiche, il ministro non sa forse molto meglio del mio amico al bar, che ha fatto i geometri. O della gente umile e buona che si beve un bicchiere la sera e stanca delle tasse inutili, messe dai geni al governo, cerca di non pensarci. Eppure lui si sente nel dovere di esibire un'erudizione mal scelta. Già i suoi editoriali sui giornali erano, e restano raccolti in un libro, soporiferi. Scritti da chi non ha il talento né dello scrivere, né dell'arte. E però bada bene alla sua parte, ovvero a compiacere quello snobismo piccolo borghese che sempre distingue, anzi recluta certa sinistra. La quale si considera perciò una fonte superiore di morale e cultura, che quasi mai possiede. E ogni volta esibisce, sempre più fuori luogo.
Altro argomento trascurato, e però potentissimo, della crisi loro, che le sinistre per non ammetterla chiamano invece della politica. Perché ormai la gente per strada, nei cantieri o nei bar, neppure ci prova più a capire lo svolgersi di certe frasi. Le liquida, come chiacchiere di gente che tassa e si cita. Altro che i sondaggi. Ma bastava esserci nei bar d'Italia, e vedere gli sguardi che la gente si scambiava mentre il ministro parlava, senza farsi capire ma citando Eraclito. Giacché è ormai palese che il centrosinistra è solo precaria riunione di bande venali in litigio crudele tra loro. E allora solo chi ci ha capito ancora ben poco, poteva mettersi a difendere Unipol e Visco, con Eraclito; e così bruciarsi una fama, già precarissima, di tecnico, per esporsi al dileggio dei bar. Ma questo richiede il culturame di questa sinistra; nel quale si deve essere preliminarmente reclutati, e che dunque va ogni tanto esibito, anche se lascia gli umili veri, interdetti e sempre più lontani. C'è una vanità di parole e intellettualità simulate, che nuoce ormai a certa sinistra non meno del sottogoverno.

Ma al segretario del ministro, che forse glielo ha trovato, va pur detto. Il nomos del frammento, ripreso da Diogene Laerzio, è roba da reazionari. Solo dei geni come Carl Schmitt si potrebbero permettere di usarlo nel discorso politico, evitando il ridicolo.
Geminello Alvi

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