E’ nato a Chianciano l’unico manager italiano che può vantare nel suo curriculum di essere stato ai vertici di Apple. Si tratta di Marco Landi, 69 anni, che è stato Coo, ossia Chief operating Officer, in pratica direttore generale dell’azienda di Cupertino a metà degli anni ’90, il periodo più buio della storia della società con il titolo, ora a 700 dollari precipitato sotto i 10 dollari. La colpa non era ovviamente di Landi che ha anzi il merito di aver riportato Steve Jobs in azienda, scegliendo per i Mac il sistema operativo Next, una compagnia che faceva capo allo stesso Jobs. La storia di questo manager italiano che ora vive in Francia e ora fa il consulente, è raccolta nell’ebook "Da Chianciano a Cupertino: un manager ai vertici della Apple" che uscirà su Amazon.com il prossimo 5 ottobre, anniversario della morte di Steve Jobs.
Secondo Landi comunque «al momento Apple non ha ancora trovato un vero successore».
Avendolo conosciuto bene Landi conosce la difficile storia del fondatore di quella che oggi può essere considerata l’azienda di maggior successo al mondo.
«Era stato adottato e viveva la sindrome di abbandono dei genitori biologici sopratutto del padre che non ha mai voluto incontrare - ha detto Landi - Non si confidava con nessuno, non si riusciva a cooperare con lui, era sempre sotto pressione, andava sempre di fretta. Le riunioni le faceva per telefono, in videoconferenza. Era burrascoso fuori e dentro di sè. Oggi associo Steve Jobs al genio, penso sia stato un predestinato, ma allora pensavo che era stato sopratutto molto fortunato».
Landi, che da responsabile Texas Instruments Europa nel ’94 era passato a fare il manager Apple grazie ad un’offerta di un cacciatore di teste, spiega il perchè. «Steve non se la passava molto bene quando l’ho conosciuto Steve. Era andato via dalla Apple e aveva fondato Next che non era riuscita a sfondare. E allora aveva chiuso fabbrica e uffici e gli era rimasto solo il sistema operativo, Next OS. La fortuna vuole che proprio Apple che lo aveva messo alla porta e che a sua volta non navigava in buone acque aveva bisogno di un nuovo sistema operativo. Tra i vari contendenti la spunta Jobs, che si fa anche riassumere come consulente. Di lì a due anni si riprende la società, costringendo alle dimissioni il presidente Gil Amelio di cui non aveva stima». E lo stesso Landi. Ma la sua strada si incrocia ancora con quella di Jobs.
«Quando sono andato via, Apple non era ancora in buone acque e con Telecom facemmo due proposte a Jobs . La prima di acquistare la società, la seconda di fabbricare una linea di iMac connessi usando la rete di Stream di Telecom. Era il ’98 e volevamo digitalizzare l’Italia. Se penso che sono passati tanti anni e ancora se ne parla....».
L’affare,come si sa non va in porto, in compenso Apple indovina una serie di prodotti, il primo è l’iPod per la musica seguito dall’iPhone e poi dal tablet iPad, e decolla.
«L’intuizione di Steve - continua Landi - è stata di dividere l’azienda in due parti, hardware e software e di dare spazio all’entertainment, di andare oltre il pc. Infatti ad un certo punto ha perso la dicitura «Computer» (nel 2007, ndr). Quanto al futuro per giudicare il nuovo ad Tim Cook, dovremo aspettare tre anni». Riguardo un possibile lancio del mini iPad, progetto non molto appoggiato da Jobs, Landi spiega: «Forse non lo amava perchè non aveva visto quello che i competitor come Samsung stanno facendo. Oggi l’azienda coreana vende più di Apple e non ci dimentichiamo che il verdetto sui brevetti a favore di Cupertino è californiano, dove ha sede la società ».
E poi, secondo Landi, anche Steve Jobs ha copiato. «Se si guarda la storia - conclude Landi - va detto che Steve ha preso l’idea del pc dal Palo Alto Research Center, rubandolo praticamente alla Rank Xerox». Ma mettendolo in pratica egregiamente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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