Chiamatela pure operazione "apriti cielo". Anche se tutti smentiscono, Meir Degan ha fatto il miracolo. Dopo mesi di trattative super segrete il celebrato capo del Mossad ha strappato a Riad il via libera ad un sorvolo dei cieli sauditi. Gli stormi di cacciabombardieri israeliani diretti, in un eventuale ed ipotetico futuro, a bombardare i siti nucleari iraniani potranno violare lo spazio aereo della terra dell'Islam. La celebrata super spia, scelta da Ariel Sharon nel 2002 e riconfermata sia da Ehud Olmert che da Bibì Netanyahu, ha messo a segno un altro centro regalando alla propria aviazione una rotta agevole e sicura verso i siti nucleari nemici. «I sauditi hanno tacitamente acconsentito a far volare nel loro spazio aereo la nostra aviazione nell'eventualità di una missione di comune interesse», confermava ieri al Sunday Times una fonte diplomatica israeliana. Il successo del Mossad, smentito formalmente dai portavoce israeliani, non è casuale. I Paesi arabi preoccupati per le mire nucleari di Teheran e per la sua crescente influenza sono pronti ad allearsi con i peggiori nemici pur di arginare l'ingombrante vicino sciita. A confermarlo contribuisce l'Egitto, aprendo per la prima volta il Canale di Suez ad un sottomarino israeliano della classe Dolphin.
Stando al quotidiano israeliano Yediot Ahronot l'unità navale è stata scortata in pieno giorno da una nave della marina egiziana. Israele possiede tre sottomarini della classe Dolphin di fabbricazione tedesca armati, anche se nessuno lo ammette, con missili nucleari. In caso di guerra con l'Iran gli U-boat con la Stella di David potranno risparmiare la settimana necessaria a circumnavigare l'Africa ed emergere in meno di 24 ore dalle acque "calde" del Mar Rosso. Grazie alla disponibilità egiziana Israele potrà così tenere Teheran sotto il tiro dei propri missili senza neppure costruire una costosa nuova base nel porto di Eilat.
Le alleanze inconfessabili d'Egitto e Arabia Saudita sono poca cosa rispetto all'inversione a 180 gradi della politica americana. Un'inversione che in tema d'Iran sembra far piazza pulita di tutte le buone intenzioni messe sul tavolo nel celebre discorso del Cairo di Obama. Imbarazzata dai brogli elettorali utilizzati per garantire la riconferma del presidente Mahmoud Ahmadinejad e dal pugno di ferro usato per spegnere la protesta la Casa Bianca sta accantonando l'idea di un dialogo con l'Iran per riprendere la strada dello scontro frontale, se necessario anche armato. A farlo intendere ci pensa il vicepresidente Joe Biden dichiarando durante una visita in Irak che l'America non ha intenzione di bloccare un eventuale raid israeliano contro l'Iran.
«Israele è una nazione sovrana, può decidere da sola quanto è nel suo interesse e cosa fare nei confronti dell'Iran», spiega per tre volte Biden al giornalista dell'Abc che continua incredulo a ripetergli la stessa domanda. Quel via libera è in effetti una rivoluzione copernicana. L'America sembrava fin qui l'ostacolo più grosso ad un'incursione simile a quella del 1981 contro la centrale irachena di Osirak. I primi "niet" erano stati di George W. Bush.
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