Gian Micalessin
Sarà lodio per Saddam, sarà lentusiasmo per la sua condanna a morte, ma per un giorno lIran sembra più vicino agli Stati Uniti. A differenza di tutti gli altri Paesi mediorientali e islamici. Kuwait a parte, Teheran non solo acclama la pena capitale comminata allex dittatore, ma sceglie la giornata del verdetto contro il rais per proporre a Washington un negoziato sullIrak. «Lesecuzione è la condanna minima che si poteva comminare a Saddam Hussein» ha detto ieri Mohammad Alì Hosseini, portavoce del ministero degli Esteri di Teheran subito dopo la lettura della sentenza. Secondo Hosseini limpiccagione di Saddam non dovrà però metter fine «alle indagini su tutti gli altri crimini, soprattutto quelli commessi durante gli otto anni guerra». Teheran, secondo il portavoce, ha inviato al governo di Bagdad un formale atto saccusa contro il deposto dittatore è ha ricevuto la promessa di una regolare indagine: «Ci hanno promesso che verrà effettuata non da questo tribunale, perché non è in condizione di condurla, ma da unaltra corte».
Se lesultanza per la condanna allimpiccagione di Saddam è giustificata dagli otto durissimi anni di guerra «imposta» alla Repubblica Islamica dal rais iracheno e dalluso contro i soldati di Teheran di tutti gli arsenali chimici a disposizione lapertura agli Stati Uniti sulla questione irachena resta tutta da interpretare: «Se ce lo chiederanno ufficialmente la loro richiesta sarà esaminata» ha detto lo stesso portavoce del ministero degli Esteri accennando alla possibilità di un negoziato per trovare una soluzione concordata sulla drammatica situazione irachena. «Al momento attuale alcuni ufficiali americani e iracheni hanno sollevato la questione del dialogo ha detto il portavoce - qualora ricevessimo questa proposta saremmo pronti ad esaminarla».
La possibilità di un dialogo iraniano-americano per abbassare il livello di violenza in Irak è stato suggerito di recente dallIraqi study group, la commissione composta da Repubblicani e Democratici guidata dallex segretario di Stato James Baker incaricata di studiare le possibili vie duscita da quel conflitto. Qualche mese fa quellidea sembrava già sul punto di concretizzarsi. La prima offerta di regolari e ufficiali negoziati venne avanzata dagli Stati Uniti lo scorso marzo per bocca del loro ambasciatore a Bagdad. Teheran dopo essersi dimostrata pronta ad intraprendere il dialogo fece un brusco dietro front fino a quando «linutilità di qualsiasi trattativa» venne definitivamente annunciata dal presidente Mahmoud Ahmadinejad. Il senso della nuova, velata proposta resta dunque poco chiaro. Forse serve come possibile valvola di sfogo nel caso lo scontro sul nucleare si avvicini al livello critico. Forse serve semplicemente da esca per studiare le mosse dellamministrazione Bush dopo il reciproco susseguirsi di manovre militari e il notevole inasprimento della tensione. Va anche detto, però, che i vertici iraniani meno estremisti guardano con preoccupazione allinasprirsi dello scontro tra sciiti e sunniti alla loro frontiera. Il precipitare della guerra civile, in assenza degli americani, costringerebbe Teheran ad un intervento diretto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.