Telecom, stretta finale per Bernabè

La ricerca dell’equilibrio tra le resistenze di Mediobanca e il futuro di Generali e «Corriere»

da Milano

Telecom Italia ultimo atto. Almeno così si aspettano sul mercato per questa settimana, considerata decisiva per la scelta del nuovo vertice. Per domani potrebbe essere convocata la riunione del comitato nomine di Mediobanca, che tratta l’individuazione dei manager nelle società partecipate. E Mediobanca, Intesa, Generali e Benetton sono i quattro soci italiani di Telco, holding che controlla il 23,6% di Telecom. L’altro azionista è Telefonica.
Il nome atteso dal mercato è quello di Franco Bernabè, ex capo dell’Eni e della stessa Telecom, «licenziato» proprio da Mediobanca tramite l’Opa di Colaninno del 2000. Per questo nel top management di Mediobanca sono ancora vive «sacche di resistenza» su Bernabè come capo azienda. L’alternativa di vederlo come presidente con deleghe rende invece perplessi gli spagnoli che, per la poltrona presidenziale, gradiscono Gabriele Galateri. Per questo la partita si sta prolungando oltremodo.
Ma non solo. Tutti i protagonisti della vicenda sanno bene che le partite finanziarie in gioco, dopo Telecom, sono altre. Tra queste ci sono gli assetti futuri di Generali e Rcs-Corriere della Sera. Tutti da giocarsi sull’instabile equilibrio del nuovo «bipolarismo bancocentrico», con Intesa da una parte, Mediobanca dall’altra.
La candidatura di Bernabè come ad di Telecom è partita da Intesa (benché i primi nomi di Ca’ de Sass fossero quelli di Vittorio Colao e Andrea Guerra) con la «consulenza» dei Benetton. Alla neutralità di Generali ha fatto infine seguito il sostanziale avallo di Cesare Geronzi, presidente di Mediobanca. Ma se queste sono le posizioni, va tenuto conto che da queste stesse si ripartirà anche per i prossimi passaggi, a partire da Mediobanca, dove Unicredit deve vendere il suo 9,4%, per il quale si sono già candidati, tra gli altri, Fininvest e gli stessi Benetton). Poi toccherà alle Generali, la cui «governance» (e dunque anche qui il vertice) è sotto pressione sui mercati internazionali. Infine c’è da pensare il futuro di Rcs, la cui attuale dirigenza è frutto di accordi fatti 2-3 anni fa, quando i rapporti di forza tra i grandi poteri erano ben diversi. Ma qui l’impressione è che i destini del Corriere, votati a incrociarsi con quelli della politica, richiedano tutto il tempo necessario per avere maggiore chiarezza sul futuro del governo del Paese.


Che le varie poste in palio siano molto alte lo dimostrano anche le recenti prese di posizione di due parlamentari di centrodestra, Cirino Pomicino e Giovanardi, che sulle scelte per guidare un’azienda strategica e delicata come Telecom hanno chiesto che venga riferito in Parlamento.

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