Caro Dott. Granzotto, nuove regole europee, in vigore dall1 giugno, limitano la pesca nel Mediterraneo e cambieranno le abitudini alimentari degli italiani. Dalla tavola spariranno bianchetti, rossetti, latterini, frittura di paranza, seppie, calamaretti e telline. Al sottoscritto che, pur respirando in una cittadina di mare, e con il porticciolo ancor saturo di pescherecci, va più matto per la carne anziché per il pesce, la cosa potrebbe non impedire di dormire la notte. La preoccupazione, se questa Commissione Europea guidata dal Sig. Durão detto erroneamente Barroso dovesse allargarsi ancora un po, potrebbe arrivare su future decisioni che si infilassero tra le lenzuola europee.
Camogli
Quei fessi che risiedono in quella schifezza di Palazzo Berlaymont a Bruxelles se proprio volevano salvare telline e calamaretti avrebbero potuto vietarne il surgelamento. Perché il grosso, il grossissimo, di quelle e di quelli oltre che delle seppie e della frittura di paranza là va a finire: nei surgelatori. Per la gioia della massaia in carriera e del single rampante, che non sprecano di certo il loro prezioso tempo nelle pescherie o ai fornelli. Così facendo, escludendo cioè quelle ghiottonerie dalla catena industriale del freddo, sua santità lEuropa non avrebbe castigato (nel portafogli) i pescatori di costa, proprio quelli con le paranze, e puniti gli ittofagi per bene, cioè quelli che il pesce (e ovviamente i crostacei e i molluschi bivalve) o è fresco o nisba. Ma a Palazzo Berlaymont, si sa, il buon senso non è di casa. E poi lì si lavora per unificare, per omologare per sradicare 500 milioni di sudditi che un dì dovranno mangiare, leggere, guardare, studiare, vestire e sbadigliare tutti allo stesso modo. Un modo grigio, monotono, uggioso come dovrà essere lhomo europaeus e come è già lEuropa europeista (basta guardar in faccia Prodi, basta sentirlo e la trista Europa salta agli occhi).
Dei bianchetti e dei rossetti, un po meno dei latterini, poco mimporta di non poterli più mangiare, caro Fassone. Già non li mangiavo prima perché erano uno sfizio di nullo sapore. Tantè che per dargliene o li si cucinava in frittata o fritti (e come diceva Montanelli, «fritta lè bona anche una ciabatta»). Ma il resto, quello mi mancherà. Vorrà dire che se colto da crisi dastinenza me lo andrò a gustare fuori dallarea Schengen. Oppure, siccome sono pigro, me ne farò scorpacciate di contrabbando. Già mi ci vedo, cappello sugli occhi e barba finta, allalba in qualche porticciolo col pescatore che mi rifila di soppiatto una cassetta di frittura. Le telline amatissime no, quelle nemmeno di contrabbando perché luomo che con i calzoni arrotolati, che procede allindietro trainandosi il rastrello - il tradizionale raccoglitore di telline - dà troppo nellocchio e verrebbe subito denunciato da qualche babbeo europeista (e quasi sempre vegetariano. E astemio). Io me le raccoglievo da me. Quandero a Roma e quando in redazione ci si andava verso le diciassette, perché poi si chiudeva alluna, le due di notte, trascorrevo le vacanze a Sabaudia. Vacanze a metà: alle tre e mezza dovevo infatti mettermi in macchina e tornare al giornale, ma fa lo stesso. Lì, su quella battigia sconfinata e allora deserta, mandavo a raccogliere le telline. Con le mani, grattando la sabbia.
Per le telline sarei anche disposto a sfidare la legge
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