Viaggi

Tra templi buddisti, tibetani e moschee nella regione del Gansu

Navigare sul Fiume Giallo, attraversare praterie a 3.000 metri, incontrare comunità che custodiscono tradizioni ancestrali

Elena Pizzetti

E' una culla di civiltà il Gansu, provincia centro-settentrionale della Cina con 8.000 anni di storia, vallate, ghiacciai e deserti, dove l'Impero ha mosso i primi passi con la nascita della Dinastia Qin. Da est a ovest si estende lungo il Corridoio di Hexi, passaggio della leggendaria Via della Seta, che di anni ne conta più di 2.000, l'antica via carovaniera di circa 8.000 km che collegava attraverso l'Asia Centrale l'Impero Cinese con quello Romano, dove oltre a stoffe e merci preziose viaggiavano idee, religioni, invenzioni, concetti di matematica e di astronomia.

Stretto tra l'Altopiano tibetano, la Mongolia Interna e l'Altopiano desertico del Loess, il Gansu, 26 milioni di abitanti, ha mantenuto un tale puzzle etnico da offrire suggestioni che trasportano tra culture, tratti somatici, architetture e religioni diversissime senza oltrepassare alcun confine di stato.

I secoli iniziano a scorrere a ritroso navigando sul Fiume Giallo che, con i suoi 5.464 km è il secondo più lungo della Cina. Dalla città di Yongjing (200.000 abitanti), nel sud ovest del Gansu a circa 30 minuti da Lanzhou, la capitale, si scivola per circa 52 km a sud-ovest fino ad approdare a un profondo canyon che custodisce il tempio buddista rupestre di Bingling, affacciato sul bacino di Liujiaxia. Qui artisti «funamboli» scolpirono nelle scoscese rocce di arenaria sedimentaria 185 grotte e nicchie che contengono sculture e la statua di Maitreya, il Buddha del futuro, seduto, messaggero di comprensione e compassione: forza e dolcezza scolpite per 26 imponenti metri di lunghezza. Arte rupestre che al tramonto si accende di oro e di rosso. Arrivarci in barca al cospetto di falesie che si tuffano nel fiume tra torri, guglie, vallate e cascate, è il percorso corretto per accostarsi a tanta bellezza.

Ritornati a Yongjing, la sera vale la pena fare un'altra crociera sul fiume per avere idea della maestria con la quale i cinesi abbelliscono con giochi di luce le città, vestendo anche i palazzi più anonimi di guizzi colorati. Dopo l'incanto spirituale buddista ecco, a una cinquantina di chilometri a sud, Linxia: roccaforte dell'Islam cinese (dei 56 gruppi etnici del Gansu ben 10 sono mussulmani) costellata di minareti, dove la parte antica, chiamata Ba Fang Shi San Xiang, è stata ristrutturata a uso turistico. Se non hanno il velo, qui le donne Hui portano strani copricapi cilindrici rosa, mentre gli uomini indossano tutti kufi bianchi.

Percorrendo la strada a sud, diretti verso la Prefettura Autonoma Tibetana del Gannan, il sincretismo architettonico veste l'ampia vallata di case a pagoda e moschee dai tetti dorati e blu tra terrazze coltivate fino ad avvistare le prime Stupa bianche tibetane.

Ad Hezuo si salgono nella semioscurità gli otto piani del Monastero di Mida Riba (40 m), mentre fuori lungo il perimetro del tempio, i fedeli si prostrano ad ogni avanzamento e altri camminano facendo ruotare i coloratissimi cilindri delle preghiere. All'interno bruciano le candele di burro di yak, mentre all'esterno tra il fumo, sono le offerte ad ardere. La sera è di nuovo lo spirito a essere toccato dallo spettacolo musicale con note liriche e melanconiche del Gruppo Artistico di Hezou.

A 3.200 m di altezza il Dangzhou Grassland Scenic Resort, campo tendato immerso in una prateria, ben esprime lo spirito sincretista della regione tra colorate bandiere con preghiere tibetane, simboli islamici e tende che ricordano le yurte mongole. Lungo la strada diretta alla città di Xihae, si attraversano in alta quota grandi praterie, dove pascolano placidi gli yak. Il Monastero di Labrang, fondato nel 1709, 1800 monaci di cui 150 donne, è circondato da un'aurea profondamente mistica.

Cigolano i cilindri delle preghiere lungo la via sacra di 3 km, svettano i tetti d'oro e bruciano le candele di yak dall'odore pungente. Secondo per importanza dopo il monastero di Lasha, ha anche diversi collegi, dove si insegnano filosofia (25 anni di studio), medicina (15 anni), astrologia. E' un'esplosione di colori la Grande Sala dei Sutra, così come lo sono le sculture in burro di yak e farina di riso che richiedono a ogni monaco 4 mesi di duro lavoro. Ma loro lo raccontano con un sorriso indicibile. Sono davvero più vicini al cielo.

Per maggiori informazioni sul Paese: www.turismocinese.

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