Non bisogna mai dare nulla per scontato, soprattutto quando la vita ti presenta il conto in un match point e tutto può cambiare in un attimo. A Flavio Cobolli venerdì è successo 14 volte, con la sottile linea tra vittoria e sconfitta passata nel mezzo, fino a quando il destino ha deciso che quel giorno era il suo giorno. Quello che ha cambiato la sua carriera. L'Italia che ha riscoperto il tennis ha trovato il terzo uomo dietro Sinner e Musetti, ed è impazzita per lui: 3 milioni e 800 mila telespettatori che hanno seguito il match contro Bergs su Rai Uno e Supertennis, il 22% di share, il Tg1 che dalle 20 si è spostato alle 21.24. Succedeva solo ai tempi di Tomba, ma era sci. Eppure dicevano che Cobolli fosse troppo buono: lui in effetti
lo è (basta vedere l'abbraccio con cui è andato a consolare l'avversario), è sempre stato il perfetto fidanzato della porta accanto. Però da un po', è cambiato, da quando il suo amico Edoardo Bove è crollato col cuore sospeso: «Ho capito che non bisogna dare nulla per scontato».
Romano e romanista, Flavio ha giocato nelle giovanili giallorosse sotto la guida di Bruno Conti, ed è proprio lì che si è legato a Edo, in tribuna a Bologna a soffrire. Il tennis li ha divisi, ma niente potrà rompere questo legame: «Glielo dedico ha detto dopo il suo più grande successo -: so che presto tornerà a vivere il suo sogno». E poi c'è la famiglia: Flavio è nato 23 anni fa a Firenze, ma la sua strada tennistica è cominciata all'Aniene, là dove è nato anche il rapporto da fratelloni con Berrettini, sei anni più grande. Sul web c'è un video dove il piccolo Cobolli, vicino a Matteo, dice: «Diventare come lui? Ma va, magari». Eppure c'è tanto in comune, ora che hanno sulle spalle l'Italia: l'amore per il fratello minore (Guglielmo), per la mamma che soffre ad ogni punto e per il papà coach. L'uomo a cui deve l'essere diventato grande: «Negli anni che non lo allenavo avrò visto al massimo tre sue partite:
non volevo interferire ha spiegato Stefano -. Poi abbiamo cominciato a litigare». Per esempio quella volta che lasciò il figlio in Turchia, dopo un match perso da svogliato in un Future: «Non ho tempo da perdere, ho da lavorare». La settimana dopo Flavio vinse un torneo: «Se vedete me e mio padre, pensate: questi sono matti!». Odio e (tanto) amore, così il ragazzo gentile è diventato un gladiatore: due tornei Atp vinti fin qui, il numero 22 del ranking, la Davis, che da junior aveva giocato vincendo 6 partite su 8 e fermandosi solo davanti alla Spagna di Alcaraz.
Oggi il destino gli mette sul piatto la rivincita: lui e Berrettini contro la Spagna senza Carlos (che esulta sui social per la vittoria dei compagni di nazionale).
E papà Stefano, sempre nascosto sotto un cappellino pieno di tensione: «Per me giocatore scarso la Davis era un sogno, vivere la finale grazie a mio figlio è incredibile». L'ha detto anche Flavio: mai dare nulla per scontato.