Tentò un omicidio: uscito di galera uccide l’ex

Alessandra Vaccari

da Verona

Un colpo di pistola alla testa della sua ex convivente e madre di suo figlio. Qualche attimo dopo un colpo per lui. Lei muore guardandolo negli occhi, lui stramazza al suolo, ma respira ancora e viene portato in ospedale e sottoposto a un lungo intervento chirurgico. È ancora vivo.
La follia omicida ieri mattina in un quartiere residenziale di Verona, i Navigatori, palazzoni dirimpetto all’Adige cresciuti come i funghi, ma eleganti. La coppia è stata trovata a terra, sul marciapiede. La vittima si chiamava Chiara Clivio, 27 anni da compiere, e da qualche mese era tornata a vivere a Verona, in via Ederle 30, con i genitori.
Non ne poteva più di Antonio Palazzo, 40 anni, originario della provincia di Potenza, ma poi trasferito in provincia di Parma, a Sala Braganza. L’uomo era il padre di suo figlio. L’aveva conosciuto quasi cinque anni fa. Sembrava un ragazzo dolce, sembrava l’amasse. Era rimasta incinta e aveva deciso di tenersi il piccolo. Ma poi aveva scoperto il terribile passato dell’uomo: una condanna a sedici anni per tentato omicidio nei confronti di una precedente fidanzata. Aveva sparato alla sua compagna ferendola in maniera grave e anche alla polizia arrivata a soccorrerla. Poi era stato arrestato, era il 1992. A fine ’99 aveva cominciato ad avere permessi e così aveva conosciuto Chiara. Ma la verità era emersa tardi. Troppo tardi. Chiara, che all’epoca era studentessa a Parma e aveva vent’anni, sperava che l’amore vincesse su tutto. Ma non è andata così. Quando andò a vivere con Palazzo per lei cominciò l’incubo, fatto di violenze psicologiche e maltrattamenti. La gelosia dell’uomo era diventata un’ossessione, un incubo. Chiara riuscì a tener duro per un po’, anche perché il suo compagno fino a due anni fa da casa andava e veniva in alternanza al carcere. Ma dal 2004 praticamente era di nuovo libero, o quasi: affidato ai servizi sociali.
Chiara a questo punto aveva preferito andarsene, ed era tornata a Verona in novembre. Nulla da fare: lui la perseguitava e lei l’aveva anche denunciato. Tutto inutile. Chiara aveva chiesto e ottenuto l’affidamento del bambino. Forse è stata proprio la lettera in cui il tribunale comunicava l’affidamento alla madre a far perdere la testa a Palazzo. Voleva poter tenere lui il bambino, in gennaio dopo averlo tenuto per qualche giorno non lo aveva più riportato alla madre facendo così scattare una denuncia.
Ieri mattina l’uomo, armato con una pistola spagnola, una «Princeps» calibro 6.35, anche nota come Ruby Arms, aspetta che Chiara torni dall’asilo dove ha accompagnato il piccolo. L’affronta, vola qualche parola grossa, ad un certo punto lei forse cerca di tagliar corto e di andarsene, ma lui all’improvviso estrae l’arma e le spara. È in quel momento che il cellulare della vittima squilla. È la segretaria della psicologa da cui la ragazza andava periodicamente per cercare di trovare la forza per ricostruirsi la vita. La segretaria vuole ritardare l’appuntamento, ma le risponde Palazzo: «L’ho ammazzata e adesso mi ammazzo». Un secondo dopo lo sparo.

Tutte le pattuglie di Volanti e carabinieri si precipitano sul posto. A terra, sul marciapiade ci sono due corpi.
Per Chiara non c’è niente da fare; Palazzo invece rantola, ma respira. I medici lo intubano e lo portano in sala operatoria. È in coma e difficilmente si salverà.

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