Terreni, appartamenti e gioielli An prese tutto, ma non la gatta

Massimo Malpica

Eredità Colleoni, qui gatta ci cova. E non solo per i misteri dell’affaire Fini-Tulliani. Nell’appartamento di Montecarlo occupato dal cognato del presidente della Camera, lei, Piumina, non ci aveva mai messo piede. Anzi, zampa. Nel patrimonio miliardario donato ad Alleanza nazionale da Anna Maria Colleoni, la sua padroncina, si faceva espressamente riferimento a lei. Al micio color ruggine, cinque anni di vita, raccattato pelle e ossa sotto casa, diventato l’ombra rossa della nobildonna nera. Ignazio La Russa, coordinatore del Pdl, se lo ricorda bene quel felino di troppo spuntato a sorpresa dal testamento: «Mi dissero che una clausola dell’eredità prevedeva che ci saremmo occupati del gatto adorato dalla contessa». Più che le fusa, al partito interessavano le mura.
E così a interessarsi del micio ereditato fu nominato l’erede, il nipote Paolo, che dalla zia aveva beccato solo i resti del tesoro, e che da An era stato trattato peggio che nel lascito allorché da Roma gli negarono persino l’acquisto dell’appartamento che era stato di Anna Maria e che il partito, a suo dire, aveva purtroppo promesso a un parlamentare amico. «Che fine ha fatto il gatto? Secondo me – racconta il nipote della contessa - ha raggiunto Anna Maria in cielo, aveva cinque anni nel 1999 quando la zia è morta...». Morto? Ma all’apertura della busta notarile che strada aveva preso Piumina? Quella del nipote prima, eppoi del conte Valentini, discendente di tre pontefici, dimorante nell’orvietano, noto alle cronache per esser stato rapinato in casa da una banda di pastori sardi e per esser stato a lungo corteggiato dal pilota Michael Schumacher interessato ad acquistare il suo castello medievale voluto da re Desiderio in contrada Montalfina. Castello nel quale, dunque, dimorò fino ai suoi ultimi giorni il gatto non iscritto a rogito, che nessuno voleva.
Prima di tornare a frequentare definitivamente conti e marchesi, Piumina era solita trascorrere lunghi soggiorni lì vicino, sempre in provincia di Terni. A Castel Giorgio, dove la contessa aveva una bella tenuta con tanto di villino per Piumina, pulito e ordinato dai contadini che riempivano la ciotola e cambiavano la lettiera in salotto allorquando Anna Maria se ne andava in Costa Azzurra costretta com’era a mollare l’amica a quattro zampe. «È proprio così – continua Paolo - ogni qualvolta Anna Maria Colleoni partiva per il Principato o per passare qualche giorno lontano da Monterotondo, veniva qui e lasciava il micio al fattore. Poi tornava, e se lo riportava a casa».
Questo tran tran è durato cinque anni. «Quando zia è morta insieme al legato della casa mi sono accollato volentieri il micetto». Poi anche per Paolo sono iniziati i problemi e gli interrogativi. Perché sacrificare Piumina in un appartamento a Bergamo quando può continuare a scorazzare per boschi e giardini a Castel Giorgio? Così, chiacchierando col dirimpettaio, il discorso cade su Piumina. Il conte Faustino Valentini, amico personale di Anna Maria e amante dei gatti («ne aveva tantissimi...») accettò la proposta e il lascito animale. Un debito di riconoscenza verso quella gran donna di Anna Maria. Che amava i gatti quanto Alleanza nazionale.

Ma la riconoscenza dei primi non è stata nemmeno lontanamente paragonabile all’irriconoscenza dei secondi.
Da Monterotondo a Montecarlo, da Montecitorio a Montalfina: quando il gatto non c’è stato più, i topi hanno iniziato a ballare negli appartamenti.

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