Il terrore delle clienti: essere scoperte

Tra le donne coinvolte anche un volto noto della tv: «L’ho fatto soltanto per la privacy»

da Genova

Vivono nel panico. Le otto donne che risulterebbero coinvolte nell’inchiesta aperta dalla procura della Repubblica di Genova su aborti fuorilegge adesso hanno paura che il loro maggiore timore si concretizzi: che si sappia quello che hanno fatto. Che lo sappiano i mariti o i fidanzati. Che lo sappiano i vicini di casa. Loro, forse nemmeno consapevoli di commettere un reato, si erano rivolte al dottor Ermanno Rossi per interrompere gravidanze indesiderate e invece di farlo in ospedale hanno richiesto un intervento più discreto. La colpa di Rossi sarebbe stata quella di eseguire - contro la 194 - aborti in strutture private anziché pubbliche.
Alcuni degli avvocati (che non vogliono essere citati) che difendono le donne, si sono presentati ieri in procura per fissare gli interrogatori delle loro assistite. Uno in particolare, nell’opporre il massimo riserbo alle domande dei giornalisti, ha sottolineato lo stato di angoscia in cui si trova la sua cliente. «Se il suo nome dovesse per qualsiasi motivo diventare di dominio pubblico - ha detto - credo che potrebbe ricorrere a un gesto sconsiderato». Ma l’inchiesta che il pm Sabrina Monteverde conta di concludere entro la fine di marzo potrebbe portare alla luce anche fatti che di illegale non hanno nulla. C’è il caso di una donna di 35 anni, sposata e mamma di due bambini che si sarebbe rivolta al dottor Rossi dopo un aborto spontaneo e che sarebbe stata sottoposta in una clinica genovese a una raschiamento come si fa in questi casi. Addirittura, a provare la versione della donna ci sarebbero l’esame istologico e le ricevute dell’assicurazione sanitaria che ha pagato l’intervento.
In un altro caso, invece, una paziente sarebbe stata una donna di spettacolo, piuttosto nota per essere stata coinvolta anni fa in un fatto di cronaca nera e che in seguito avrebbe partecipato a un reality televisivo. Un mese fa si sarebbe rivolta al dottor Rossi, suo ginecologo di fiducia, per interrompere una gravidanza indesiderata. «Volevo soltanto un po’ di privacy - avrebbe confidato la donna al suo avvocato - so di essere un volto conosciuto e non volevo chiacchiere sul mio conto, non credevo però di fare qualcosa di illegale».

E poi il caso di una giovane impiegata che ha deciso di abortire dopo la rottura del fidanzamento. È anche lei indagata insieme alle altre. Una storia tra le storie. Come tantissime che si potrebbero registrare negli ospedali italiani ogni giorno. Ma quelle sono strutture pubbliche.

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