La serpe in seno, come si dice. Ultimamente anche bionda e con gli occhi azzurri. Terroriste di nazionalità Usa «iscritte» ad Al Qaida, o comunque in cerca di un ingaggio da parte dell'impresario più famoso del ramo, Osama Bin Laden. Non più casi isolati, ma una specie di moda, una tendenza, una moltiplicazione in vitro. L'ampolla, il più delle volte, è rappresentata dal computer, scatola magica in cui ci trovi di tutto, anche il sogno di diventare una star del terrore. Una tendenza tutta al maschile, avremmo detto fino all'anno scorso; ma che ora scopriamo essere sessualmente trasversale; capace di attirare stralunate signore americane di mezz'età, ma anche certe svelte trentenni, che vanno a ingrossare una altrettanto insospettata quinta colonna americana del terrore: un iceberg delle cui dimensioni nessuno sa nulla, visto che finora se n'è vista solo la punta.
Si scopre dunque che il caso di Colleen LaRose, la 46enne della Pennsylvania nota come Jihad Jane presa in ottobre non è una stranezza da Guinness. Jihad Jane, accusata di reclutare terroristi, soprattutto su Internet, e soprattutto donne, da scatenare in Europa e in Asia, ha perlomeno un suo doppio. Si chiama Jamie Paulin Ramirez, e anche lei, come Colleen, può vantare un bel faccione slavato, incorniciato da una cascata di capelli biondi che le due signore ostentavano come una specie di insospettabile passepartout. L'indagine è la stessa che in Irlanda ha portato alla cattura di sette jihadisti (quattro uomini e tre donne) che per obiettivo si erano dati la pelle di Lars Vilks, il disegnatore satirico svedese che nel 2007 pubblicò una vignetta di Maometto con il corpo di cane.
Jamie Ramirez, 31 anni, segretaria e madre di un ragazzino di 6, e perciò subito ribattezzata «mamma Jihad», è un'americana di Kansas City. Impiegata in uno studio medico del Colorado, «mamma Jihad» è riuscita, nei suoi trentun anni di vita, a sposarsi quattro volte. È stato al computer, «la sua passione», dice sua madre, che dal 2008 ha cominciato a seguire un corso sull'Islam, assumendo a poco a poco l'aspetto (la veste lunga fino ai piedi, il velo) e la mentalità di una perfetta maomettana. Ed è sempre al computer che aveva conosciuto certi «amici» che l'avevano convinta a raggiungerli in Irlanda, base della cellula che progettava l'uccisione del vignettista svedese.
Si diceva della tendenza, della moda, della moltiplicazione di una specie fino a poco tempo fa sconosciuta. Occidentali insospettabili, quasi sempre americani, quantomeno di passaporto, che per i motivi più vari - disordine psichico, esaltazione, smania di protagonismo, mancata realizzazione - finiscono per cadere nella «rete» dello sceicco grazie a internet. Del mazzo fa parte il maggiore dell'esercito Usa Nidal Malik Hasan, autore della strage di Fort Hood del 6 novembre scorso (13 morti e 30 feriti). Un medico, il dottor Nidal, che lavorava in una struttura tesa al recupero di soldati provenienti dalla prime linee di combattimento in Irak e in Afghanistan con la «sindrome da Vietnam». Un fervente americano, nonostante le origini islamiche. Proprio come Sharif Mobley, iscritto alla cellula di Al Qaida che si annida nello Yemen, preso nei giorni scorsi. Una cellula composta da predicatori del terrore, ex criminali convertiti all'Islam e cittadini americani che hanno sposato donne yemenite attraverso le quali sono entrati in contatto con l'«emozionante» arcipelago del terrore.
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