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"Legami con l'Isis": l'Asia (di nuovo) alle prese con il fondamentalismo islamico

L'attacco terroristico a Bondi Beach, legato all'Isis e con connessioni alle Filippine, evidenzia il ritorno del fondamentalismo islamico in Asia

"Legami con l'Isis": l'Asia (di nuovo) alle prese con il fondamentalismo islamico
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In Asia risuona un allarme sinistro: quello del fondamentalismo islamico. La minaccia si è infatti riaffacciata sulla scena internazionale con l'ultimo episodio di sangue avvenuto lo scorso 14 dicembre 2025, quando due uomini armati, un padre e un figlio, hanno attaccato un evento di Hanukkah a Bondi Beach, in Australia. L'atto di terrorismo, che ha causato 15 vittime, è stato immediatamente attribuito all'Isis, con collegamenti diretti nel Sud Est Asiatico, in particolare nelle Filippine, dove il fenomeno non è certo una novità. Ecco che cosa sappiamo e cosa è emerso.

Il ritorno del fondamentalismo islamico

Come ha spiegato il Financial Times, la dinamica dell'attacco sopra citato ha scosso profondamente l'Australia, rivelando per l'ennesima volta la portata globale del fondamentalismo islamico. Le autorità australiane hanno confermato che i due aggressori, Sajid e Naveed Akram, avevano viaggiato nelle Filippine un mese prima dell'attacco, con l'intento di ricevere addestramento militare. Sebbene non ci siano ancora prove concrete di una rete terroristica più ampia, la scoperta di due bandiere Isis e dispositivi esplosivi nel veicolo degli aggressori ha reso la minaccia ancora più grave.

Negli ultimi anni, a dire il vero, il Sud Est Asiatico è diventato un terreno fertile per il fondamentalismo islamico, con l'Isis che continua a stabilire radici in Paesi come le Filippine e l'Indonesia. L'ideologia estremista ha trovato terreno fertile tra gruppi separatisti e militanti islamici, contribuendo a destabilizzare intere regioni. Le Filippine, in particolare, sono diventate un centro di addestramento e di operazioni per i militanti legati all'Isis. Il gruppo terroristico ha sfruttato le fratture sociali e politiche, approfittando della presenza di gruppi radicali come Abu Sayyaf e il Maute, che hanno dichiarato fedeltà al Califfato.

Una minaccia sempre meno latente

Non è raro che individui o gruppi vengano formati o radicalizzati in queste aree, per poi tornare nei loro Paesi di origine per perpetuare atti di violenza. In Australia, l'attacco ha sollevato domande sulla capacità delle autorità di prevenire tali tragedie, nonostante gli sforzi per monitorare e smantellare cellule terroristiche. Sebbene Naveed Akram fosse stato sotto sorveglianza già nel 2019 per legami con sospetti simpatizzanti dell'Isis, le sue azioni non sono state considerate una minaccia diretta fino al tragico evento.

Questo solleva interrogativi sull'efficacia della sorveglianza e sull'evoluzione delle minacce terroristiche in un contesto sempre più globale e sfaccettato. Il governo australiano ha intanto promesso di rafforzare le leggi sul possesso di armi e di aumentare la cooperazione con i Paesi asiatici per contrastare la diffusione del terrorismo. Tuttavia, la lotta contro il fondamentalismo islamico è complessa e richiede un approccio integrato, che non si limiti a combattere i gruppi terroristici, ma che affronti anche le cause profonde, come la povertà, l'emarginazione e l'estremismo religioso che permeano alcune regioni asiatiche.



Chris Taylor, analista della sicurezza presso il think tank Australian Strategic Policy Institute, ha spiegato che la presunta "associazione storica con i simpatizzanti dell'Isis" di uno degli uomini armati di Bondi Beach, che non ha suscitato alcuna risposta, dimostra che le agenzie di intelligence devono "evolversi ulteriormente per affrontare meglio tali minacce".

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