Un tetto ai bonus dei manager? Nestlè dirà addio alla Svizzera

ZurigoNestlè, una delle più grandi multinazionali alimentari del mondo, minaccia di lasciare la Svizzera. Motivo: il tetto ai compensi dei manager che la Confederazione elvetica vorrebbe adottare. «Sarebbe proprio l’inizio della fine. In questo caso saremmo costretti a interrogarci seriamente se la Svizzera sia ancora il posto giusto per noi».
In un’intervista al settimanale della Svizzera tedesca Sonntag, il presidente della Nestlè, Peter Brabeck, prende posizione sull’eventuale introduzione di tetti per le retribuzioni dei manager. «Alla fine - prosegue - finiremmo con la nazionalizzazione». E avvisa il governo di Berna: la Confederazione «deve fare attenzione a non perdere i suoi punti di forza», perché «la sicurezza giuridica, che prima era solida come un blocco di granito, si sta ora lentamente sgretolando». Secondo Brabek a spingere verso soluzioni come quelle dei tetti retributivi per i manager, in Svizzera, contribuiscono da un lato le pressioni esterne e dall’altro anche una serie di proposte populiste che vengono dall’interno. «Ci si è resi conto che Governo e Parlamento sono disposti a cambiare piuttosto rapidamente le leggi attuali - osserva ancora -: i segnali erano visibili. Se avessimo reagito per tempo le cose non sarebbero andate così lontano».
Ma quello di Nestlè non è l’unico caso e sembra in qualche modo la risposta del management delle società all’offensiva che diversi Paesi, in tempi di crisi, stanno adottando rispetto ai super-stipendi o ai mega-dividendi dei manager. Offensiva che, secondo un recente studio sulle società quotate, ha contribuito a far scendere i compensi dei dirigenti di circa il 10% in tutta Europa.
Una battaglia che però sembra non attecchire Oltreoceano: in Usa, ad esempio, secondo Businessweek, gli amministratori delegati sono infatti quasi esenti dalla crisi. Anzi «godono di lauti compensi nonostante la riduzione dei salari». Il tema, che sarà anche al centro del prossimo G20 di Pittsburgh, però riguarda le società quotate e, soprattutto, le banche. E proprio ieri, come riportato nell’articolo che apre questa pagina, il presidente dell’Abi, Corrado Faissola, rinvia la palla: «I mega bonus - dice - non sono tipici dei banchieri, ma della categoria dei grandi manager, a qualsiasi settore appartengano».


E mentre in Italia, il Consiglio dei ministri varerà a breve un decreto che fissa un tetto agli stipendi, seppur con eccezioni, dei manager pubblici, in Europa gli stipendi dei manager privati stanno velocemente scendendo: il reddito medio dei presidenti dei grandi gruppi societari quotati in Borsa è diminuito del 10% nel 2008 - da 1,38 a 1,25 milioni di euro - e di ben il 28% in Italia, dove però i grandi dirigenti societari sono i più pagati dietro a Lussemburgo e Spagna, come emerge da un recente studio effettuato dall’ufficio europeo di analisi finanziaria Alpha Value per il quotidiano francese La Tribune.

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