Il thriller di Chabrol sfida l’ironia di Woody Allen

Nelle sale romane anche «Miami vice», ispirato alla nota serie televisiva, e «A est di Bucarest»

Alessandra Miccinesi

Registi di culto e film indipendenti mettono le ali al cinema. In un weekend gonfio di titoli preziosi (da Water parabola finale della trilogia «rosa» di Deepa Mehta, a La commedia del potere thriller politico del maestro Claude Chabrol), a brillare sono soprattutto i nomi di Woody Allen e Michael Mann. Senza uscire troppo dal seminato (Misterioso omicidio a Manhattan), l’autore del noir Match point fa ancora centro con Scoop. Un giallo comico spassoso e leggerissimo in cui fioriscono colpi di genio e battute da culto («sono di religione ebraica, ma crescendo mi sono convertito al narcisismo»). Ecco la trama: un giornalista defunto, che indagava sul caso del killer dei tarocchi, durante un gioco di magia trova il modo di «soffiare» la notizia a un’aspirante reporter. L’indagine volta a incastrare l’assassino si complica quando la fanciulla s’innamora del soggetto dell'inchiesta, cioè un aitante aristocratico londinese. Nel 36° film diretto da Allen, che tiene per sé il ruolo (sublime) del mago pasticcione, recitano Scarlett Johansson e Hugh Jackman (in 19 sale e in originale al Nuovo Olimpia).
Una regia sontuosa (ritmo e tensione alle stelle) al servizio di una storia di ordinario narcotraffico. È Miami vice, film che fa tornare Michael Mann agli albori della carriera e a un classico della tivù di genere anni ’80. Nei panni dei poliziotti-detective «Sonny» Crockett e Ricardo Tubbs si sono calati i ruvidi (e rudi) Colin Farrell e Jamie Foxx. Mille chili di droga da portare in Usa dalla Colombia, e false identità a prova di pirati informatici, rappresentano l’esca che i supercop usano per infiltrarsi come corrieri in un potente cartello cino-cubano. Tra un volo in aereo e una corsa in off-shore i due trovano il modo di entrare nelle grazie di Isabella (Gong Li), pericolosa manager del narcotraffico (in 23 sale e in originale al Warner Moderno). Un piccolo capolavoro, l’ha definito Marco Bellocchio consegnando all’autore di A est di Bucarest (film vincitore della Camera d’or a Cannes 2006) il Gobbo d’Oro. Promosso anche dal festival di Terra di Siena diretto da Carlo Verdone, il gioiello del regista Corneliu Porumbiou riverbera una storia di rivoluzione silente, vista dai margini e letta tramite gli sguardi nostalgici dei protagonisti. Sedici anni dopo la diretta tivù che il 22 dicembre ’89 sancì la caduta di Ceausescu, in una squallida città rumena il capo di una emittente locale invita in studio due protagonisti dello storico assalto al municipio: un pensionato che sbarca il lunario vestendosi da Santa Claus e un professore di storia incline alla vodka. Tema della trasmissione: c’è stata o no la rivoluzione?. Più che stillare revisionismo storico, il film sprizza poetica ironia grazie al plot cugino di Good bye, Lenin (Nuovo Sacher).

Princesas di Fernando Leòn de Aranoa è, invece, una piccola storia di donne da marciapiede ambientata in una Madrid orfana di Almodovar, ma ricca di colore e calore. Caye (Candela Pena) e Zulema (Micaela Nevàrez), prostitute autogestite e amiche per necessità, sopravvivono al mercimonio dei loro corpi sperando in un futuro migliore (Alcazar, Ugc, Mignon).

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