Benny Casadei Lucchi
Sono quattro anni che, a Gran premi alterni, si parla del ritiro di Michael Schumacher. Passata loverdose mediatica di Monza e avviato il processo di beatificazione motoristica dellenorme tedesco, ci si aspetterebbe, solo e soltanto, di argomentare, come è stato fatto, del suo futuro, dei ruoli vari che potrebbe ricoprire da qui ai prossimi cinquantanni. Invece, accade che uno che di formula uno ci capisce molto, Bernie Ecclestone, se ne esca dicendo che «Michael ha le qualità e la forma per correre ad alto livello altri due anni» e spieghi che «la Renault lo prenderebbe anche subito. Dipende solo da lui. Per questo non gli dico addio, ma solo auf wiedersehen, arrivederci».
Tirare in ballo in questo momento la casa francese, è come cospargere olio in piena curva mentre passa la Ferrari, come fumare una sigaretta mentre Schumi fa il pit stop e rabbocca benzina. La rivalità fra i due team è arrivata al massimo, sia in pista che davanti a commissari e microfoni. Duelli, dichiarazioni, colpi bassi ormai non si contano, per cui sbandierare il nome del team transalpino come possibile approdo di uno Schumi indeciso pare francamente troppo. Tanto più che non abbiamo ancora finito di valutare quale scrivania si addica al kaiser delle piste, quale ruolo, se istruttore, balia o uomo immagine. «Il ritiro annunciato da Michael potrebbe davvero essere definitivo» aggiunge infatti Ecclestone nellarticolo scritto per il magazine tedesco Sport Bild; frase al condizionale, la sua, seguita da concetto sibillino: «io però non ne sono tanto sicuro. Ho come limpressione che Michael abbia preso questa decisione in un momento in cui non avrebbe voluto. Per questo dico che potrebbe ritornare sui propri passi e mettersi al volante di una monoposto nel 2007». Il boss della F1 si riferisce alla vigilia del Gran premio di Monza, quando si capì che se solo avesse potuto, Michael avrebbe dato lannuncio sul proprio futuro a fine stagione. Richiesta che la Ferrari, che da mesi aveva annunciato la coppia piloti per il Gp dItalia, non ha potuto assecondare. Ma da qui a pensare che Schumi possa, una volta toltosi il rospo del futuro, rinnegare tutto, sembra cosa strana. Tanto più dopo le dichiarazioni di amore eterno per il Cavallino. «Non avrei deciso adesso» aveva infatti risposto il campione a caldo a Monza, a chi gli aveva subito prospettato un eventuale ripensamento.
Per fortuna che a riportarci sulla terra, a farci pensare che ormai di quasi ex pilota si tratti, che non ci sarà il rischio di vederlo ritrattare una ad una le sofferte decisioni fin qui prese, ci pensa un altro enorme sportivo, Tiger Woods. Il fenomeno nero del green, luomo che, a quota dodici, segue il primato dei diciannove major vinti in carriera da Jack Nicklaus, sbarcato in Inghilterra per partecipare al World Match Play di Wentworth, ha scoperto che tutta Europa parla del kaiser delle piste e del suo addio. «Michael Schumacher - dice - è il numero uno dello sport mondiale... Per me spetta a lui il titolo di miglior atleta: se lo merita per la costanza di rendimento, per lincredibile sequenza di risultati che ha ottenuto anno dopo anno; è riuscito a restare sempre al top nello sport più seguito a livello mondiale. In più ha sopportato una pressione immensa, ha fatto qualcosa di fenomenale».
Gran bellomaggio, ma ammettiamolo: forse un tantino eccessivo, visto che di grandi lo sport ne ha avuti parecchi. Che dire ad esempio di Cassius Clay? E di Pelè? E di Merckx? Tre nomi giusto per far comprendere che di grandi, di più grandi, lo sport ne ha ospitati parecchi e che Schumi non è da solo là in vetta. Tiger Woods ha invece assolutamente ragione quando parla di Michael come di un re dello sport per gli anni di pressione mediatica, di occhi puntati addosso che ha saputo reggere con forza e senza sbandamenti.
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