«Tigre sul palco, madre modello a casa»

Qualcuno la definisce la nuova Marlene, altri la vestale di Weill ma Ute Lemper è soprattutto una voce che ci fa viaggiare in prima classe sui binari più sofisticati della canzone d’essai. Nota chanteuse di Weill, Brecht e del cabaret di Weimar, la Lemper è sempre alla ricerca di «maledetti» da reinterpretare. Stavolta, per lo show di stasera al Dal Verme di Milano, per la «Milanesiana», trasforma in canzoni i versi di Charles Bukowski.
«È un’anteprima, non un concerto definito, è un cantiere in cui lavoro sull’opera di Bukowski, ogni giorno cambio o aggiungo qualcosa».
Come mai Bukowski?
«Leggendolo sento il suo respiro. È un uragano, le sue parole spietate, dure, crude esprimono la realtà nelle sue mille sfumature. Continuerò a lavorare con la mia band sulle sue opere. La sua è la poesia del lato oscuro della vita».
E a lei piace questo lato oscuro.
«Mi sento vicina a chi ha sofferto, a chi in diverse epoche ha raccontato un’umanità scomoda e dilaniata: per questo amo anche Tom Waits e Nick Cave».
Anche lei ha sofferto?
«Ho sofferto il clima della Germania anni ’60, non era un mondo libero, mi sentivo soffocare, la musica mi ha salvato, mi ha aiutato a respirare. Ho studiato danza, cantato jazz, son stata persino in un gruppo funk».
E poi?
«E poi me ne sono andata, e grazie a Jerome Savary ho debuttato nel musical a Parigi».
Il suo show che ama di più?
«Oserei dire una serata dedicata a Brecht al Piccolo Teatro di Milano nel 1987. La ricordo come fosse oggi».
Weill, Brecht, ora Bukowski: qualcuno la definisce figlia unica di moltissimi padri.
«È un gran complimento: sono i miei padri e i miei maestri e io ho il dovere di mettere qualcosa di personale nella loro opera».
In scena è sempre molto provocatoria e sensuale.
«Il canto per me è fondamentale; significa partire dal passato per arrivare alla contemporaneità. Ma anche quello cabarettistico conta, per inserire nella giusta dimensione storica il cabaret berlinese di Marcellus Schiffer o quello di cantanti censurate dal Terzo Reich come Margo Lion».
Un’artista che cambia spesso pelle.
«Affronto nuove sfide ma son sempre la stessa. Tigre sul palco e dolce mamma di tre bambini a casa. Loro mi hanno cambiata come donna, non come artista».


Oggi è felice?
«Felice di essere libera e di non essere una star di Broadway. Voglio vivere tranquilla: mi hanno offerto nuovi ruoli al cinema ma ho rifiutato: il mio grande film è la mia vita. Ho in progetto un nuovo album e, forse, un lavoro con Philip Glass».

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