Tipi romani Max, lo sposo supermaratoneta

A mezzogiorno di mercoledì convoca una conferenza stampa in Senato. Nell’attesa, alle 10,30, si sposa nella chiesa dei santi Nereo e Achilleo, alle Terme di Caracalla, con una cerimonia blindata. Solo lui, la moglie, due testimoni e il consigliere del II Municipio Umberto Ciauri. Sguardi d’intesa e silenzio. Niente cravatta, bastano jeans, giacca e maglietta. I parenti e gli amici rimangono fuori la porta, con il riso in mano, pronti al tradizionale lancio, in attesa degli auguri, degli abbracci e delle foto. In posa sì, ma a tempo di record.
Ormai lo conoscono Max, non se la prendono, lui è uno specialista delle cose fatte di corsa. A regola d’arte, però di corsa. Poi, finalmente, l’arrivo a Palazzo Madama, dove la cravatta ci vuole, dove Max Calderan presenta la sua vera impresa, quella per cui vale la pena stupirsi: percorrerà 540 chilometri no stop, tutti da solo, partendo da Gerusalemme e arrivando in cima al monte Sinai. Darà vita a una maratona estrema, la quinta di fila per «il re del deserto», uno che un soprannome del genere se l’è guadagnato sul campo.
Originario di Pordenone, da tempo vive nella capitale che è diventata un po’ la sua base, il suo quartier generale. Da qui ha pianificato le imprese del passato, come l’esplorazione del deserto del Qatar a piedi (202 chilometri in 38 ore con 45 gradi) e, per tre volte, del sultanato dell’Oman (anche con 58 gradi).
Stavolta ha deciso di superarsi, di associare un messaggio forte, significativo, alle sue fatiche: si è inventato la «Running for love», una corsa che promuove l’amore, che porta con sé un benefico soffio di pace. Si svolgerà dal 9 al 23 maggio e, oltre a coincidere con un eccezionale gesto atletico, consentirà di unire idealmente, tramite i piedi e la fatica di un solo uomo, Israele, Palestina ed Egitto. Calderan, infatti, passerà per la striscia di Gaza e, da Rafah, entrerà in territorio egiziano: lì lo attenderanno le gole del Sinai con temperature da 50 gradi e oltre.


Condizioni proibitive per molti, ma non per Max che negli anni scorsi ha raggiunto i suoi traguardi senza aiuti esterni, senza medici e medicine, dormendo al massimo per dodici minuti. Quale sia la sua spinta interiore lo ha spiegato lui stesso, con un motto e un proposito: «Nel nome di un dio si ama e non si uccide. Possiamo ancora cambiare, ma solo se lo vogliamo tutti».

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