Toh, la ricchezza degli italiani in dodici anni è raddoppiata

È il protagonista assoluto di questi mesi di crisi: il Pil, Prodotto interno lordo, indicatore della produzione di un Paese e quindi della sua salute. Il calo generalizzato è l’arma dei profeti di sventura. Ma è davvero così? Quando facciamo una spesa o decidiamo un investimento, facciamo i conti con il Pil? No, guardiamo al nostro reddito e al patrimonio, cioè alla ricchezza, che è rappresentata dalla somma degli immobili e del risparmio meno i debiti.
Il patrimonio di una famiglia è dato dalle sue proprietà: case e terreni, fabbricati e oggetti di valore, depositi bancari e postali, titoli, azioni e altre forme di risparmio. Se a questi valori attivi si tolgono i debiti (sostanzialmente mutui e prestiti personali) si ottiene la ricchezza netta delle famiglie. La quale, secondo i dati della Banca d’Italia (Supplemento al Bollettino statistico del 18 dicembre 2008), negli ultimi 12 anni è raddoppiata. Nel 1995 la somma di attività reali (immobili) e attività finanziarie (risparmi) meno i debiti equivaleva a 4.242 miliardi di euro; alla fine del 2007 è balzata a 8.512 miliardi di euro: più 100,7 per cento. Percentuale che scende al 47,2 considerando l’erosione dell’inflazione.
È un dato importante. Vuol dire che il patrimonio non conosce crisi. Lo confermano altri numeri: tra il 2006 e il 2007, quando l’economia cominciava a rallentare e il Pil italiano non raggiungeva il 2 per cento, la ricchezza è cresciuta del 3,9. In precedenza l’aumento medio annuo era stato del 6 per cento. Una crescita poderosa e solida, tenuto conto che tra il 1995 e il 2007 è successo di tutto: il «boom» della Borsa, la crisi dopo l’11 settembre, l’altalena degli interessi bancari, la corsa ai mutui per comprare casa, l’introduzione dell’euro, i tanti conflitti (Balcani, Medio Oriente, Irak, Afghanistan) che hanno destabilizzato l’economia mondiale.
Nonostante tutto ciò, e tenuto conto anche dell’immigrazione che ha modificato il quadro della popolazione, la ricchezza reale degli italiani oggi è più consistente che mai. Anche il tipo di debiti ha subito variazioni: sono aumentate le spese per i mutui casa, i debiti commerciali (legati soprattutto ai ritardi nei pagamenti) e anche gli acquisti a rate. L’Italia resta comunque il Paese occidentale con le famiglie meno indebitate: da noi le passività sono il 65 per cento del reddito disponibile contro il 90 dei francesi, il 100 dei tedeschi, il 140 degli americani e il 170 degli inglesi.
Nel 2007 la ricchezza di ogni italiano ha toccato i 142.771 euro, quella di una famiglia i 360.318. Sono valori medi, che vanno interpretati considerando l’effettiva distribuzione dei patrimoni. E qui si registra un notevole squilibrio. Secondo le statistiche di Bankitalia il 10 per cento delle famiglie detiene il 44,7 per cento della ricchezza complessiva, mentre il 50 per cento più povero ne possiede meno del 10 per cento: il 9,7. Interessante notare che dal 1995 le percentuali non si sono modificate di molto: erano rispettivamente pari a 44,5 e 9,3.

Salito anche il numero di famiglie che la Banca d’Italia definisce a «ricchezza negativa», cioè dove i debiti superano il patrimonio. Se i più ricchi e i più poveri hanno lievemente aumentato la loro quota di ricchezza, chi ci ha rimesso? Risposta semplice: la cosiddetta classe media.

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