Da Tomba a Valentino, gli eroi dello sport che vanno oltre lo sport

John, Diego, Alberto, Valentino e chissà, avanti così, magari un giorno anche Francesca s’aggiungerà alla lista di quelli che vincono e lasciano il vuoto. Perché Bjorn Borg ha conquistato più Slam di McEnroe ma la gieente, non solo gli appassionati, la gieente ricorda il mancino maleducato e ribelle e prima ricciolo e poi calvo. Così per Maradona che nel bene e nel male ha scritto la storia in campo, ha fatto storie fuori campo ed è rimasto nella storia non solo per sport. E poi Tomba l’Albertone nazionale e sgrammaticato col fan club e miss Italia e le olimpiadi e i record e la coppa lanciata addosso al fotografo e la paletta da carabiniere esposta dal finestrino pur di non far coda in strada. Anche Gustav Thoeni vinse tanto e fu valanga azzurra e però una valanga che devastò le nazionali montane altrui ma non lasciò quel vuoto lì fra la gieente.
Vuoto trasversale e insinuante, vuoto che su giornali e tv rilancia un’eco rumorosa, come quella di una bella stanza senza arredo, perché si racconta di vittorie ma non più di lui o di lei o di loro, di John, Diego, Alberto, la famiglia unica di quelli che lasciano il vuoto. Una famiglia che cresce perché a farle visita, temporaneamente, si è presentato Valentino Rossi ieri di nuovo operato, per pulire e sistemare la ferita dopo la ricomposizione della frattura esposta di tibia e perone rimediata sabato al Mugello, Gran premio d’Italia, vinto domenica dallo stesso Valentino perché è stata la sua assenza a trionfare e non Pedrosa. «Temo che da qui al momento in cui rientrerà, assisteremo a un calo almeno del 10 per cento di ascoltatori» prova a leggere il futuro Alberto Acciari, professore di Marketing dello sport all’Università del Foro Italico di Roma. E i crudi numeri hanno già iniziato a ballare: gli ascolti del Gp d’Italia raccontano di 4 milioni e 803mila spettatori (share del 34,39%). Un anno fa erano stati 2 milioni in più, share del 39 per cento. Dati da prendere con le molle perché basta il sole, il lago, bastano certe coincidenze per provocare simili variazioni già avvenute con lo stesso Rossi in pista. Coincidenze, ma una certezza: che il vero dato non è quello di domenica, ma il numerino che verrà fra uno, due Gp. Allora sì, sapremo veramente come ha reagito la gieente.
«Ovviamente, il pubblico si affeziona a chi vince e sa distinguersi ed è capace di andare al di là del comune, della media» sottolinea Acciari. «Schumacher ha trionfato più di tutti, ma appena andato via è stato scordato e appena tornato è già uno fra i molti. Niki Lauda lo ricordano ancora adesso e quando si ritirò e ritornò fu tutto così diverso. Era un personaggio. È triste pensare che l’Italia del tennis sia ancora qui a parlare di Nicola Pietrangeli, più di lui che di Panatta perché il primo fu un personaggio capace di creare comunicazione. La Schiavone? Se dovesse riuscire a restare a questi livelli un paio di anni, sicuramente diventerebbe un’atleta capace di lasciare il segno oltre lo sport».
Francesca giunta all’apice solo a trent’anni, Francesca che fa saltare il rigido cerimoniale del Roland Garros e conquista la Francia ancor prima dell’Italia. Francesca che quando era solo la Schiavone, durante una partita, fece segno al fidanzato fra il pubblico che, okkey, dai, dopo facciamo quelle cose lì.


Ecco, quelle cose lì equivalgono a Valentino che dall’ospedale dice «ho scoperto di avere un ottimo rapporto con la morfina», a Tomba che espone la paletta dei carabinieri, a McEnroe che dialoga amabilmente con l’arbitro di Wimbledon «tu-sei-la-feccia-del-mondo», a Maradona che segna di mano e anni dopo sbrana la telecamera come il Diavolo una vergine. Parole e gesti naturali solo per la razza di quelli che stravincono, non si dimenticano e piacciono alla gieente.

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