Cultura e Spettacoli

Tomoko, passione e disincanto di un matrimonio combinato

«La fine dell’estate» è l’ultimo romanzo di Harumi Setouchi, monaca buddhista dal ’73

Quando si fece monaca Tendai, nel 1973, disse di provare un solo rimpianto: dover abbandonare il sesso. L’altro piacere non contemplato per i monaci buddhisti, l’alcol, Harumi Setouchi se lo concede lo stesso: beve saké e adora mangiar bene, è spesso ospite di trasmissioni televisive in eleganti kimono da sera e accoglie al suo tempio, tra boschi di bambù a ovest di Kyoto, migliaia di persone che le pongono ogni sorta di domanda, comprese quelle sull’abilità oratoria che Jakucho - «colei che ascolta la quiete», il suo nome dopo la tonsura - sfodera brillantemente. Ma una monaca buddhista dev’essere casta. Così, almeno per il sesso, Harumi Setouchi vive di ricordi.
La sua memoria ne accoglie migliaia, parte dei quali sono finiti in qualcuno dei suoi trecento libri tra romanzi, biografie, saggi. La sua vita sentimentale, infatti, è stata avventurosa, audace, pionieristica. Ha infranto una serie di tabù per molti dei quali in Giappone non sembra sufficiente una sola vita nemmeno oggi che Jakucho ha 84 anni. L’ultima dichiarazione d’inusuale coraggio è questa: «In Giappone le donne studiano, sono ottime professioniste, più degli uomini, ma nessuna fa il salto, nessuna è diventata primo ministro, né mai lo diventerà. Questa sottomissione strisciante le avvolge nella solitudine. La principessa Masako ha studiato politica, sarebbe un ottimo ministro degli Esteri. Ma non guarirà perché nulla cambierà intorno a lei. Dovrà adattarsi o morire». Così si espresse lo scorso gennaio in Italia, ricevendo il «Premio Nonino», sfidando l’aura che circonda la famiglia imperiale. Oggi il suo imperatore, Akihito, premierà forse anche questo coraggio, decorandola con una delle massime onorificenze giapponesi, l’Ordine delle arti e della cultura, e siamo certi che Jakucho non farà un solo passo indietro sulle sue convinzioni.
Così come non ne ha mai fatti nella sua vita privata, narrata in gran parte nel romanzo autobiografico La fine dell’estate (Neri Pozza, pagg. 188, euro 15), appena arrivato in libreria. Di queste pagine Kawabata, suo caro amico così come Mishima, disse che possiedono molte «virtù femminili» e per esse coniò il neologismo jotoku. Erotismo, passionalità, abbandono: queste sono le virtù femminili di Tomoko, splendida fanciulla costretta all’o-miai, il matrimonio combinato, con il giovane professore universitario Sayama. Rito cui non si sottomette, almeno nei desideri, e contro il quale scaglia i più sconsiderati tumulti del cuore. Dapprima si innamora di un giovane allievo del marito, Ryota, che incontra segretamente fingendo di andare ai bagni pubblici. Quando la stagione di questo incontro si esaurisce, si trasferisce a Kyoto, dove si mantiene creando lussuosi kimono. Qui incontra Shingo, romanziere fallito che vive di stenti con moglie e figlia e ne diviene l’amante per otto anni. Finché Ryota non cercherà di nuovo spazio nel suo letto.
Gli incontri erotici de La fine dell’estate, così come quelli de Il monte Hiei e de La virtù femminile (entrambi Neri Pozza), anch’essi in parte autobiografici, sono lievi, incisivi, rapidi e sinceri, fino alla tortura. Tomoko, come la maggior parte delle protagoniste dei libri della Setouchi, è passionale e insieme disincantata, in grado di miscelare con sapienza da geisha verità e bugia, totalmente indipendente tanto da offrirsi una vita agiata e dotata di un’eccezionale capacità di recupero dall’onda d’urto della superficialità maschile: «In amore entrambe le parti sono responsabili» è una delle sue sagge affermazioni. «Non puoi mai dire chi sia la vittima e chi il carnefice». E quando il suo eterno amante scombinato Ryota prova a replicare: «Ma non credi che un uomo possa restare segnato a vita dal suo primo amore ed essere attratto sempre dallo stesso tipo di donna?», risponde secca, senza ammettere repliche: «Mmh.

Questo non è altro che sentimentalismo da quattro soldi».

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